sabato 11 aprile 2009

il nuovo fucile che spara dietro i muri

IL NEMICO E’ ALLE PORTE!

Presentato il nuovo fucile hi-tech Beretta ARX160 che può sparare dietro i muri.

Un’approfondimento di Antonio Camuso dell’Osservatorio sui Balcani di Brindisi



La notizia della presentazione ufficiale del nuovo fucile Beretta ARX160 che verrà utilizzato in fase sperimentale da reparti speciali dell’esercito italiano, è di questi giorni.

Che la Beretta lavorasse allo studio e al collaudo di questo fucile lo si sapeva da tempo e che esso facesse parte di quel progetto Soldato Futuro portato avanti con orgoglio dallo Stato Maggiore Difesa e dalle industrie del settore, lo si leggeva in tutte le riviste militari da almeno dieci anni. L’attesa per la prima uscita in pubblico era divenuta negli ultimi tempi spasmodica poiché c’era il rischio, a seguito delle elezioni americane, di assistere al ritiro delle truppe italiane dall’unico fronte di “guerra calda” e con relativa mancata messa in linea “operativa”e sperimentazione sul campo dell’ultimo gioiello Beretta.

Un vero peccato, se così fosse stato, poichè da tempo le nostre forze Armate, nelle loro missioni “di pace “ all’estero son divenute il miglior spot pubblicitario per i venditori di armi made in Italy.

L’annuncio, il 31 marzo 2009, della benedizione ufficiale nel poligono di Nettuno di quello che dovrebbe divenire il sistema d’arma standard dei soldati italiani, impiegati nella Guerra infinita globale, è giunto a poche ore di anticipo dalla riunione NATO che sanciva l’aumento di truppe e logistica di tutti i partecipanti alle operazioni in Afghanistan , compresa l’Italia e relativa previsione che il nuovo ARX160 possa in quel contesto farsi presto onore e pubblicità.



Il nemico è alle porte!

Oltre alle sue innovazioni di carattere meccanico ( utilizzo di materiali ultraleggeri, compositi e la possibilità di cambiare calibro e caratteristiche ergonomiche), il pezzo forte,sono i sistemi ottici grazie ai quali questo fucile permetterà al soldato di poter sparare mantenendo il corpo nascosto dalla linea di tiro, il cosiddetto tiro defilato. Una opzione miracolosa come l’hanno definita gli entusiastici commentatori dei media , ma che ci riporta lugubremente ad altri tempi, quando la necessità di sparare da dietro i muri divenne l’assillo pressante per l’esercito nazista assediato e costretto a combattere casa per casa nella stessa Germania, sotto l’incalzare delle truppe dell’Armata Rossa.

Ci provò l’inventiva degli scienziati tedeschi a far quadrare il cerchio o meglio a curvare la traiettoria dei proiettili dei fucili onde far sparare i fantaccini tedeschi stando nascosti dietro gli angoli delle strade

Si giunse così al fucile Stg.44 più, come accessorio, un Krummerlauf con canna ad angolo da 30°C (quella considerata migliore sia per la precisione che per lo stress sul proiettile e la durata della canna stessa) dotato di sistema ottico Zeiss di cui negli ultimi mesi ne furono prodotti 100.000 esemplari e che caddero in seguito nelle mani degli alleati.

Anche oggi il nemico è alle porte, come confermano coloro che pubblicizzano il futuro campo d’uso di questo sistema d’arma: la guerra ormai si combatte nelle città,per adesso del Sud del Mondo ma potrebbe dilagare sotto la spinta della crisi capitalistica globale e su una probabile caduta di stabilità sociale, anche nelle nostre metropoli, coinvolgendo gli strati sociali più deboli e numerosi, moltiplicando i nemici sino a farli divenire quella massa sterminata identica a quella , in divisa con la stella rossa, che i soldati della Whermacht si ritrovarono a cercare di arginare negli ultimi mesi del 45


L’arma ideale per scenari non convenzionali

Oggi (e ancor più in futuro) gli eserciti sono in guerra contro civili in armi che si ribellano per i motivi più disparati e che comunque , accomunati all’epiteto di terroristi internazionali , devono essere ricacciati fuori dalle linee rosse delle città, dalle banlieu delle megalopoli, dalle caverne o dagli altipiani desertici.

Contro questo nemico che aumenta di numero, man mano che la crisi del sistema capitalistico diviene sempre più grave, non basteranno droni o bombardieri invisibili e per ricacciarlo dai quartieri alti o dalle piattaforme petrolifere bisognerà respingerlo strada per strada , e un fucile come l’ARX160 sembra che sia proprio l’ideale. Ma basterà?

Per le operazioni di rastrellamento nei quartieri proletari, per sfondare porte e muri e cancelli si è opportunamente progettato il lanciagranate GLX160, un piccolo ed efficace cannoncino capace di tirare granate da 40 e 46 mm, inseribile sotto la canna del ARX 160 e che fa di esso un mezzo antiguerriglia altamente versatile e di potenza devastante.


Il GLX160

E’ un gioiellino dell’antiguerriglia urbana, che nella versione per fucile non è dotato di apposito manico, mentre nella versione single , per forze di polizia e antisommossa è una vera e propria lupara antidimostrante e che purtroppo vedremo molto presto in azione da noi e in altre piazze in rivolta del Pianeta.

Se questi mezzi possano a fermare il corso della Storia bisognerà soltanto attendere gli eventi e scoprire se, come lo è stato nel passato, le armi dell’oppressore cadendo in quelle dell’oppresso ne determinino la sua liberazione.

E’ successo già a Little Big Horn dove i cavalli e i Winchester caduti in mano degli indiani divennero l’arma che sconfisse Custer o in Vietnam, nel 1957 dove le armi dell’esercito giapponese cadute in mano dei Vietcong, sconfissero i francesi a Dien Bien Phu


L’arma ideale del terrorista guerrigliero

La facilità di smontaggio ( esso si disassembla senza nessun attrezzo ma semplicemente facendo leva su appositi ganci con la punta di un proiettile) , il ridotto numero di componenti, la mancanza di sicurezze elettroniche ( ovvero blocchi con password sulle sicure) ,fanno di esso l’arma che in pochi secondi strappata dalle mani del nemico diviene parte integrante del guerrigliero

La possibilità di cambiare velocemente canna, otturatore e senso di espulsione del proiettile, determinano una difficoltà nella tracciabilità dell’arma se fosse usata in attentati, poiché il proiettile ogni volta che si cambia canna modica la sua impronta e il i segni lasciati sul bossolo espulso cambiano cambiando otturatore e modo ( destra /sinistra) di espulsione.

La stessa capacità di poter esser usato, modificandolo con tiro destro o sinistro, lo fanno più facilmente accessibile a combattenti irregolari in cui si mescolano mancini , destrorsi o ambidestri. Infine, la quasi mancanza di manutenzione , la leggerezza e il cambio di calibro sono proprio ideali per un esercito irregolare in cui i calibri delle armi in uso non sono mai standardizzati: in questo caso basterà procurarsi un po’ di canne ed otturatori di ricambio e in mancanza di proiettili NATO e USA da 5,56 si potrà utilizzare il caro vecchio 7,62 o viceversa.


Non tutto oro è quel che luccica

Nei blog di discussione dei militari italiani che lo hanno testato si scopre che proprio quello che è il piatto forte dell’ARX160, ovvero il sistema ottico di puntamento, è in pratica un problema in teatro operativo: se va in tilt o semplicemente nella concitazione dell’azione diviene poco pratico, per passare al mirino ottico convenzionale non è semplice, poiché ha bisogno di un riallineamento e a questo punto i nostri “ amici consiglieri Rambo ” consigliano di aver sottomano il caro vecchio AK47 che non ti lascia mai in mutande e che quando spara fa un casino del diavolo. Se lo dicono i nostri consiglieri in divisa dobbiamo proprio crederli, tenendo conto che essi, giunti in Iraq, messe le mani sui kalashinov, ne furono tanto entusiasti che ne fecero una scorpacciata portandosene clandestinamente in Italia un bell’assortimento.

Peccato che furono “cuccati” dai CC e dalla Finanza ma, l’inchiesta finì a tarallucci e vino e i militari amanti di souvenir ebbero solo una tirata di orecchie invece di una bella incriminazione di traffico internazionale di armi da guerra…



Antonio Camuso

osservatoriobrindisi@libero.it

Brindisi 5 aprile 2009

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