sabato 31 gennaio 2009

Base Vicenza, centinaia occupano Dal Molin contro ampliamento

MAPPA DELL'OCCUPAZIONE






ROMA (Reuters) - Alcune centinaia di persone stamattina hanno occupato delle palazzine all'interno dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza, dove stanno protestando contro il progetto di ampliamento della base Usa. E' quanto si legge in un comunicato del comitato "No Dal Molin!".
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"L'ingresso all'interno dell'area nella quale gli statunitensi vorrebbero realizzare la nuova installazione è la risposta di quanti si oppongono all'annuncio dell'imminente avvio dei cantieri", dice la nota.

Il comitato ricorda che lo scorso ottobre diverse migliaia di vicentini si espressero in una consultazione popolare contro il progetto di ampliamento della base, chiedendo che quel territorio fosse destinato a usi civili.

"Perseverare nel voler realizzare il progetto significa calpestare la democrazia. Un progetto, tra l'altro, illegittimo e illegale, perché i proponenti si sono rifiutati di accettare la redazione di una rigorosa valutazione di impatto ambientale, strumento di tutela della salute e del territorio imprescindibile".

Nella consultazione "non istituzionale" del 5 ottobre, votarono oltre 17.400 persone, più del 20% degli aventi diritto.

"L'occupazione - continua la nota - proseguirà ad oltranza. Invitiamo tutti coloro che si oppongono alla base a raggiungerci in via S. Antonino; abbiamo rimosso il filo spinato, l'ingresso è libero e, finalmente, questo grande prato verde è parte integrante della città del Palladio. Il futuro è nelle nostre mani: fermarli tocca a noi".






Difendere Vicenza? Yes, we can


[...] L'area che gli statunitensi vorrebbero occupare e militarizzare, dunque, è stata liberata e da oggi, per la prima volta, è accessibile a tutti i cittadini. Nei giorni scorsi, del resto, i No Dal Molin erano stati chiari: se partiranno i lavori non staremo a guardare [...]

Quando le forze dell'ordine si sono ritirate dall'aeroporto, tra i 400 No Dal Molin è partito, spontaneo, l'applauso; una prima, precaria vittoria per la città che, con il cuore prima ancora che con le unghie e con i denti sta difendendo il proprio territorio da quanti vogliono imporle una nuova base militare.

Era iniziato tutto alle 10 di questa mattina; una lunga colonna di auto in Via S. Antonino, donne e uomini che scendono dagli autoveicoli, tagliano le reti e prendono possesso di un'area dell'aeroporto; alcuni vanno sui tetti, altri appendono striscioni e cartelloni. La polizia, in pochi minuti si schiera e intima lo sgombero. Ma non ne hanno il diritto: l'Enac, per bocca della società incaricata della liquidazione, non lo ritiene utile. Le forze dell'ordine si ritirano, mentre i vicentini restano dentro al Dal Molin.

L'area che gli statunitensi vorrebbero occupare e militarizzare, dunque, è stata liberata e da oggi, per la prima volta, è accessibile a tutti i cittadini. Nei giorni scorsi, del resto, i No Dal Molin erano stati chiari: se partiranno i lavori non staremo a guardare. E così è stato: qualche giorno fa Cmc e Ccc, le ditte che hanno vinto l'appalto per il cantiere, avevano iniziato a demolire le strutture esistenti per far posto alle nuove caserme statunitensi; un avvio del cantiere illegale, innanzitutto perché la maggioranza della comunità locale è contraria a questo insediamento, poi perché nessuna Valutazione d'Impatto Ambientale è stata ancora realizzata nonostante la particolarità geologica e idrica dell'area.

Da oggi si apre una nuova fase della mobilitazione contro la nuova base militare statunitense; è quella della determinazione dei vicentini che, ingannati e trattati come sudditi dal commissario Costa e dal Governo, si riprendono la propria terra per difendere il proprio diritto alla parola e, soprattutto, il proprio diritto a costruirsi il futuro della città.

Questa sera all'interno del Dal Molin – ore 18.00 – si terrà la prima assemblea pubblica dei cittadini; domani verrà aperto il parco della pace e realizzato l'ufficio dell'Altrocomune per la Valutazione d'impatto ambientale. Abbiamo messo i piedi all'interno del Dal Molin, simbolo di coloro che vogliono difendere la democrazia e la terra per impedire la costruzione di una nuova base di guerra. Abbiamo riaperto la vicenda dopo che in tanti l'avevano frettolosamente dichiarata chiusa. Difendere Vicenza? Si può fare; perché il futuro è nelle nostre mani: ci hanno impedito di decidere attraverso la consultazione popolare, non potranno impedirci di difendere la nostra città

martedì 13 gennaio 2009

Zanotelli: fermiamo Africom


Appello del missionario comboniano
09/01/2009 18.00.00

Zanotelli: fermiamo Africom

Napoli e Vicenza ospiteranno truppe Usa per l’Africa. Perché il governo italiano non ha informato il parlamento? Perché il mondo cattolico, e in particolare quello missionario, è silente? Bombardiamo di e-mail i ministri Frattini e La Russa.


Le comunità cristiane in Italia hanno appena celebrato il Natale, una festa così carica di messaggi di pace. La stessa Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio) è venuta ad accentuare questo tema per i credenti. Ma noi cristiani ci accorgiamo di quello che stiamo celebrando? Come facciamo a proclamare la pace in chiesa mentre non ci accorgiamo che la neghiamo con le scelte violente sia nostre che dei nostri governi?

Come possiamo celebrare il Natale, la festa della vita ,con il massacro dei bimbi palestinesi,vera strage degli innocenti? Come possiamo celebrare il Natale senza che questo “urlo” di sofferenza umana, dei palestinesi come anche di tanti altri popoli (dai congolesi ai ceceni),non venga a disturbare le nostre coscienze addormentate di cristiani di Occidente?Ci rendiamo conto che tanta di questa sofferenza è dovuta alle scelte militaristiche dei nostri governi?

Un esempio incredibile è l’annuncio fatto poco prima di Natale dal nostro ministro degli esteri Franco Frattini: Africom, il supremo comando Usa per le truppe di terra e di mare per l’Africa, troverà posto a Napoli e a Vicenza. Africom, creato nel 2007 dal presidente Bush e inaugurato il primo ottobre 2008 a Stoccarda (Germania), è guidato oggi dal generale afro-americano William “Kid” Ward. Il generale ha speso il 2008 a cercare una base per questo Comando in Africa. Ma la forte azione diplomatica del Sudafrica contro la presenza di Africom nel continente, ha impedito agli Usa di trovarla.
Come ultima chance gli americani hanno pensato di trovarla nel paese più vicino all’Africa, la Spagna ed esattamente a Rota (Cadice), ma Zapatero si è opposto. Non rimaneva che l’Italia! E il governo Berlusconi è stato ben felice di dare il benvenuto ad Africom a Vicenza e a Napoli. (Nel 2008 il comitato campano Pace e Disarmo aveva scritto un libro dal titolo profetico, Napoli chiama Vicenza, che descrive la pesante militarizzazione del territorio campano dotato di sette basi militari: Usa e Nato!).

Il ministro Frattini ha anche detto che si tratta di «strutture di comando che operano nel quadro Nato». Bugia! Il comando Africom è uno dei sei comandi unificati del Pentagono. Frattini ha anche dichiarato che non ci sono truppe da combattimento, ma solo componenti civili. Altra bugia! Africom è il comando unificato militare statunitense che ha come scopo la lotta al terrorismo e l’addestramento dei militari africani, oltre alla protezione degli enormi interessi americani in Africa .

E proprio per potenziare Africom, gli Usa hanno costituito due nuovi corpi: i Marines per l’Africa (Maforaf) e il Diciassettesimo Stormo dell’aeronautica militare Usa con il nome di Afafrica. Quest’ultimo opererà soprattutto da Vicenza e Sigonella, oggi la più grande base aerea nel Mediterraneo. Le forze armate Usa hanno fatto già sapere che 750 militari verranno assegnati a Napoli e a Vicenza. Frattini ha anche detto che la scelta del governo è stata presa dopo aver informato i paesi africani che hanno espresso grande supporto per questa decisione! Strana democrazia quella del governo Berlusconi che tiene nascosta una tale decisione al parlamento e consulta invece i governi africani!

Il nostro governo dando il suo consenso a Washington contribuisce alla nuova operazione di stampo coloniale mirante al controllo delle aree strategiche dell’Africa.

Le domande che sorgono sono molte e inquietanti sia per il nostro governo e parlamento, sia per le amministrazioni della Campania e di Napoli, sia per la chiesa italiana.

Governo e parlamento
In quali sedi e con quali procedure è stata presa questa decisione di grande importanza strategica?
Perché il parlamento italiano non è stato informato e non c’è stato nessun dibattito parlamentare? Il Pd ha qualcosa da dire a riguardo? Oppure c’è un accordo bipartisan su tutto questo?

Regione Campania e Comune di Napoli
La Regione campana, nella persona del suo presidente Bassolino, è stata almeno consultata?
E la sindaca di Napoli, Rosa Iervolino, è stata almeno interpellata, dato che Africom sarà posizionato a Napoli?

Chiesa italiana
Come mai che la Cei non ha alcuna parola da dire su scelte militaristiche così scellerate?
Come mai gli istituti missionari e le realtà missionarie laicali come la Focsiv non reagiscono a decisioni militaristiche così gravi? Come facciamo ad inviare missionari, suore, laici in Africa se non denunciamo scelte come queste che rendono l’Africa sempre più schiava e sfruttata? Se, come missionari, vogliamo proclamare Buona Novella ai poveri, dobbiamo avere il coraggio di denunciare con forza queste virate militaristiche del nostro governo. Non è questa la missione globale a cui come missionari siamo chiamati?

Mi aspetto una presa di posizione pubblica da parte degli istituti missionari operanti in Africa.
A tutti chiedo di inviare una e-mail al ministro degli esteri Franco Frattini e al ministro della difesa Ignazio La Russa, protestando per la scelta di Africom a Vicenza e a Napoli.

lunedì 12 gennaio 2009

La furia sacrificale di Israele e le sue vittime a Gaza

Scritto da Ilan Pappe*




La mia visita di ritorno a casa in Galilea è coincisa con l’attacco genocida israeliano contro Gaza. Lo stato, attraverso i suoi media e con l’aiuto del mondo accademico, ha diffuso una voce unanime - persino più forte di quella udita durante l’attacco criminale contro il Libano nell’estate del 2006. Israele è ancora una volta divorata da una furia sacrificale che traduce in politiche distruttive nella Striscia di Gaza.

Questa autogiustificazione spaventosa per l’inumanità e l’impunità non è soltanto sconcertante, ma è un argomento sul quale soffermarsi se si vuole comprendere l’immunità internazionale per il massacro che infuria a Gaza. E’ anzitutto fondata su bugie pure e semplici trasmesse con una neolingua che ricorda i giorni più bui dell’Europa del 1930. Ogni mezz’ora un bollettino d’informazioni su radio e televisione descrive le vittime di Gaza come terroristi e le uccisioni di centinaia di persone come un atto di autodifesa. Israele presenta sé stessa al suo popolo come la vittima sacrificale che si difende contro un grande demonio.

Il mondo accademico è reclutato per spiegare quanto demoniaca e mostruosa è la lotta palestinese, se è condotta da Hamas. Questi sono gli stessi studiosi che demonizzarono l’ultimo leader palestinese Yasser Arafat nel primo periodo e delegittimarono il suo movimento Fatah durante la seconda intifada palestinese. Ma le bugie e le rappresentazioni distorte non sono la parte peggiore di tutto questo.

Quello che indigna di più è l’attacco diretto alle ultime tracce di umanità e dignità del popolo palestinese. I palestinesi di Israele hanno mostrato la loro solidarietà con il popolo di Gaza e ora sono bollati come una quinta colonna nello stato ebraico; il loro diritto a restare nella loro patria viene rimesso in dubbio data la loro mancanza di sostegno all’aggressione israeliana.

Coloro che hanno accettato - sbagliando, secondo la mia opinione, di apparire nei media locali sono interrogati e non intervistati, come se fossero detenuti nelle prigioni dello Shin Bet. La loro apparizione è preceduta e seguita da umilianti rilievi razzisti e sono sottoposti all’accusa di essere una quinta colonna, un popolo fanatico e irrazionale. E ancora questa non è la pratica più vile. Ci sono alcuni bambini palestinesi dei Territori Occupati curati per cancro negli ospedali israeliani. Dio sa quale prezzo devono pagare le loro famiglie per poterli ricoverare. La radio israeliana va ogni giorno negli ospedali per chiedere ai poveri genitori di dire agli ascoltatori israeliani quanto è nel suo diritto Israele nel suo attacco e quanto demoniaco sia Hamas nella sua difesa.

Non ci sono confini all’ipocrisia che una furia sacrificale produce. I discorsi dei generali e dei politici si muovono in modo erratico tra gli autocompiacimenti da un lato sull’umanità che l’esercito mostra nelle sue operazioni “chirurgiche” e dall’altro sulla necessità di distruggere Gaza una volta per tutte, naturalmente in un modo umano. Questa furia sacrificale è un fenomeno costante nella espropriazione israeliana, e prima ancora sionista, della Palestina. Ogni azione, sia essa la pulizia etnica, l’occupazione, il massacro o la distruzione è stata sempre rappresentata come moralmente giusta e come semplice atto di autodifesa commesso da Israele suo malgrado nella guerra contro la peggior specie di esseri umani. Nel suo eccellente volume “I risultati del sionismo: miti, politiche e cultura in Israele”, Gabi Piterberg esamina le origini ideologiche e la progressione storica di questa furia. sacrificale.

Oggi in Israele, dalla destra alla sinistra, dal Likud a Kadima, dall’accademia ai media, si può ascoltare questa furia sacrificale di uno stato che è molto più indaffarato di qualsiasi altro stato al mondo nel distruggere e nell’espropriare una popolazione nativa. E’ molto importante esaminare le origini ideologiche di questo modo di comportarsi e derivare, dalla sua larga diffusione, le conclusioni politiche necessarie. Questa furia sacrificale costituisce uno scudo per la società e per i politici in Israele da ogni biasimo o critica esterna. Ma ancora peggio, si traduce sempre in politiche di distruzione contro i palestinesi. Senza nessun meccanismo interno di critica e senza nessuna pressione esterna, ogni palestinese diventa un obiettivo potenziale di questa furia. Data la potenza di fuoco dello stato ebraico può soltanto finire in più massicce uccisioni, massacri e pulizia etnica.

L’assenza di una qualsiasi moralità è un potente atto di auto-negazione e di giustificazione. Ciò spiega perché la società israeliana non può essere modificata da parole di saggezza, di persuasione logica o di dialogo diplomatico.

E se non si vuole usare la violenza come mezzo di opposizione, c’è soltanto un modo per andare avanti: sfidare frontalmente questa assenza di moralità come una ideologia diabolica tesa a nascondere atrocità umane. Un altro nome per questa ideologia è Sionismo e l’unico modo di contrastare questa assenza di moralità è il biasimo a livello internazionale del sionismo, non solo di particolari politiche israeliane.

Dobbiamo cercare di spiegare non solo al mondo, ma anche agli stessi israeliani che il sionismo è un’ideologia che comporta la pulizia etnica, l’occupazione e ora massicci massacri.

Ciò che occorre ora non è tanto una condanna del presente massacro. ma anche la delegittimazione dell’ideologia che ha prodotto tale politica e la giustifica moralmente e politicamente. Speriamo che importanti voci nel mondo possano dire allo stato ebraico che questa ideologia e il comportamento complessivo dello stato sono intollerabili e inaccettabili e che, sino a quando persisteranno, Israele sarà boicottato e soggetto a sanzioni. Ma non sono ingenuo. So che anche il massacro di centinaia di innocenti palestinesi non sarà sufficiente per produrre questa modificazione nella pubblica opinione occidentale; è anche più improbabile che i crimini commessi a Gaza muovano i governo europei a mutare la loro politica nei confronti della Palestina.

Ma noi non possiamo permettere che il 2009 sia un altro anno, meno significativo del 2008, l’anno di commemorazione della Nakba, che non sia riuscito a realizzare le grandi speranze che noi tutti avevamo, per la sua potenzialità, di trasformare il comportamento del mondo occidentale verso la Palestina e i palestinesi. Pare che persino il più orrendo dei crimini, come il genocidio a Gaza, sia trattato come un evento separato, non connesso con nulla di ciò che è già avvenuto nel passato e non associato ad una ideologia o a un sistema.

In questo nuovo anno, noi dobbiamo tentare di riposizionare l’opinione pubblica nei confronti della storia della Palestina e dei mali dell’ideologia sionista come i mezzi migliori sia per spiegare le operazioni genocide come quella in corso a Gaza sia per prevenire cose peggiori nel futuro.

Questo è già stato fatto, a livello accademico. La nostra sfida maggiore è quella di trovare un modo efficace di spiegare le connessioni tra l’ideologia sionista e le politiche di distruzione del passato con la crisi presente. Può essere più facile farlo mentre, in queste terribili circostanze, l’attenzione mondiale è diretta ancora una volta verso la Palestina.

Potrebbe essere ancora più difficile quando la situazione sembra essere “più calma” e meno drammatica.

Nei momenti “di quiete”, l’attenzione di breve durata dei media occidentali metterebbe ai margini ancora una volta la tragedia palestinese e la dimenticherebbe sia per gli orribili genocidi in Africa o per la crisi economica e per gli scenari ecologici apocalittici nel resto del mondo.

Mentre i media occidentali non sembrano molto interessati alla dimensione storica, soltanto attraverso una valutazione storica si può mostrare la dimensione dei crimini commessi contro i palestinesi nei sessanta anni trascorsi. Perciò il ruolo degli studiosi attivisti e dei media alternativi sta proprio nell’insistere su questi contesti storici. Questi attori non dovrebbero smettere di educare l’opinione pubblica e, si spera, di influenzare qualche politico più onesto a guardare ai fatti in una prospettiva storica più ampia.

Allo stesso modo, noi possiamo essere in grado di trovare un modo più adeguato alla gente comune, distinto dal livello accademico degli intellettuali, per spiegare chiaramente che la politica di Israele - nei sessanta anni trascorsi - deriva da un’ideologia egemonica razzista chiamata sionismo, difesa da infiniti strati di furia sacrificale.

Nonostante l’accusa scontata di antisemitismo e cose del genere, è tempo di mettere in relazione nell’opinione pubblica l’ideologia sionista con il punto di riferimento storico e ormai familiare della terra: la pulizia etnica del 1948, l’oppressione dei palestinesi in Israele durante i giorni del governo militare, la brutale occupazione della Cisgiordania e ora il massacro di Gaza. Come l’ideologia dell’apartheid ha spiegato benissimo le politiche di oppressione del governo del Sud-Africa, questa ideologia – nella sua variante più semplicistica e riflessa, ha permesso a tutti i governi israeliani, nel passato e nel presente, di disumanizzare i palestinesi ovunque essi fossero e di combattere per distruggerli.

I mezzi sono mutati da un periodo all’altro, da un luogo all’altro, come ha fatto la narrazione che ha nascosto queste atrocità. Ma c’è un disegno chiaro che non può essere solo fatto oggetto di discussione nelle torri d’avorio accademiche, ma deve diventare parte del discorso politico nella realtà contemporanea della Palestina di oggi. Alcuni di noi, in particolare quelli che si dedicano alla giustizia e alla pace in Palestina, inconsciamente evitano questo dibattito, concentrandosi, e questo è comprensibile, sui Territori Palestinesi Occupati (OPT) - la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Lottare contro le politiche criminali è una missione urgente.

Ma questo non dovrebbe trasmettere il messaggio che le potenze occidentali hanno adottato volentieri su suggerimento israeliano, che la Palestina è soltanto la cisgiordania e la Striscia di Gaza e che i palestinesi sono solo la popolazione che vive in quei territori. Dovremmo estendere la rappresentazione della Palestina geograficamente e demograficamente raccontando la narrazione storica dei fatti dal 1948 in poi e richiedere diritti civili e umani eguali per tutte le persone che vivono, o che erano abituati a vivere, in quella che oggi è Israele e i Territori Occupati.

Ponendo in relazione l’ideologia sionista e le politiche del passato con le atrocità del presente, noi saremo in grado di dare una spiegazione chiara e logica per la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Sfidare con mezzi non violenti uno stato ideologico che si autogiustifica moralmente, che si permette, con l’aiuto di un mondo silenzioso, di espropriare e distruggere la popolazione nativa di Palestina, è una causa giusta e morale.

E’ anche un modo efficace di stimolare l’opinione pubblica non soltanto contro le attuali politiche genocidarie a Gaza, ma, si spera, anche a prevenire future atrocità. Ancora più importante di ogni altra cosa ciò dovrebbe far sfiatare la furia sacrificale che soffoca i palestinesi ogni volta che si gonfia. Ciò aiuterà a porre fine alla immunità dell’occidente a fronte dell’impunità di Israele. Senza questa immunità, si spera che sempre più la gente in Israele cominci a vedere la natura reale dei crimini commessi in loro nome e la loro furia potrebbe essere diretta contro coloro che hanno intrappolato loro e i palestinesi in questo ciclo non necessario di massacri e violenza.

*Ilan Pappe (http://ilanpappe.com http://electronicintifada.net) insegna nel Dipartimento di storia dell’Università di Exeter, Inghilterra

"Righteous fury" è stato tradotto in furia sacrificale al posto della traduzione letterale furia giusta o furia santa o furia giustificabile - ndt). ISM-Italia - info@ism-italia.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo - www.ism-italia.it

Che diremmo se Hamas avesse ucciso 600 israeliani?


di Robert Fisk

su Liberazione del 08/01/2009

E così ancora una volta Israele ha aperto le porte dell'inferno ai
palestinesi. 40 civili che cercavano rifugio sono morti in una scuola
dell'Onu, altri tre in un altra. Non male per una notte di lavoro a Gaza
da parte di un esercito che crede nella "purezza delle armi". Ma perchè
questo dovrebbe sorprenderci?

Abbiamo dimenticato i 17.500 morti, quasi tutti civili, molti dei quali
donne e bambini, dell'invasione israeliana del Libano nel 1982; i 1700
civili palestinesi morti nel massacro di Sabra e Chatila; la strage di
Qana presso la base Onu dove trovarono la morte 106 civili libanesi,
metà dei quali bambini; l'assassinio dei profughi di Marwahin a cui
venne ordinato di lasciare le loro case per poi essere falciati da un
elicottero israeliano; i 1000 morti, quasi tutti civili, provocati
sempre nel 2006 nel corso dell'invasione, sempre in Libano?

Quello che veramente sorprende è che molti leader occidentali, tanti
presidenti e primi ministri, e, io temo, molti editori e giornalisti,
hanno accettato la solita vecchia bugia: gli israeliani hanno fatto
molta attenzione per evitare vittime innocenti. «Israele ha fatto il
possibile per evitare vittime civili», è quanto ha dichiarato poche ore
prima del massacro di Gaza un ambasciatore israeliano. E ogni presidente
e primo ministro che ha ripetuto questa falsità come scusa per non
chiedere un cessate il fuoco, ha sulle sue mani il sangue del macello
che si è compiuto la scorsa notte. Se George Bush avesse avuto il
coraggio di chiedere un immmediato cessate il fuoco 48 ore prima di quel
fatto, quei vecchi, quelle donne e bambini sarebbero vivi.

Quanto accaduto non è solo vergognoso. Usare il termine crimini di
guerra per descrivere quanto accaduto è troppo? Perchè questo è il
termine che avremmo usato per questa atrocità se fosse stata commessa da
Hamas. Quindi temo che era un crimine di guerra. Dopo aver scritto di
così tanti massacri avvenuti in Medio Oriente, da parte delle truppe
siriane, irachene, iraniane e israeliane, suppongo che avrei dovuto
avere una reazione più cinica.

Ma Israele sostiene di combattere una guerra per noi contro il
"terrorismo internazionale"

. Gli israeliani sostengono di combattere a Gaza per noi, per i nostri
ideali occidentali, per la nostra sicurezza, per i nostri standard di
vita. Quindi anche noi siamo complici della barbaria che oggi invade Gaza.
Ho riportato varie volte le scuse dell'esercito israeliano per questi
oltraggi nel passato. Siccome potrebbero essere ripetute nelle prossime
ore ve le ripropongo. Israele dice che i palestinesi hanno ucciso i loro
profughi, che hanno disotterrato i cadaveri dai cimiteri e sparso i
corpi tra le rovine, che alla fine i veri responsabili sono i
palestinesi in quanto sostenitori di un fazione armata, oppure che gli
stessi palestinesi armati hanno usato i rifugiati come scudi umani.

Il massacro di Sabra e Chatyila fu commesso dai falangisti libanesi di
destra mentre le truppe di Israele, come ha rivelato la stessa
commissione israeliana, rimasero a guardare per 48 ore senza fare nulla.
Quando Israele fu accusata, il governo di Menacham Begin accusò il mondo
di diffamazione. Dopo che l'artiglieria israeliana sparò contro il
comprensorio Onu di Qana, nel 1996, Israele sostenne che gli stessi
Hezbollah stavano bombardando la base. Era una bugia. I più di mille
morti del 2006, una guerra iniziata dopo che Hezbollah aveva catturato
due soldati isreaeliani al confine, furono derubricati come
responsabiltà di Hezbollah. Israele sostenne che i cadaveri dei bambini
nel secondo massacro di Qana erano stati presi da un cimitero. Era
un'altra bugia. Il massacro di Marwahin non venne mai giustificato. Alla
gente del villaggio venne ordinato di lasciare le loro case, obbedirono
agli ordini degli israeliani e furono attaccati da un elicottero. I
profughi presero i loro bambini e si misero vicino ai camion sui quali
viaggiavano per permettere ai piloti di vedere che erano civili. Poi
l'elicottero israeliano li falciò, da vicino. Sopravissero solo in due
fingendosi morti. Israele non chiese neppure scusa.
Dodici anni prima un'altro elicottero attaccò una ambulanza che
trasportava civili, anche a loro era stato ordinato di abbandonare il
loro villaggio, morirono tre bambini e due donne. Israele sostenne che
un combattente di Hezbollah era sull'ambulanza. Non era vero. Ho seguito
e scritto tutte queste atrocità, le ho indagate, parlato con i
sopravissuti. Così hanno fatto molti miei colleghi. Come risposta
ottenemmo degli scritti diffamatori: fummo accusati di essere antisemiti.

E scrivo quanto segue senza alcun dubbio: sentiremo di nuovo queste
scandalose ricostruzioni. Sentiremo la scusa-bugia di Hamas - e dio solo
lo sa che ce n'è abbastanza contro di loro senza bisogno di inventarsi
crimini - sentiremo di nuovo dei cadaveri dai cimiteri, e che Hamas era
nella scuola dell'Onu. Tutte bugie. E che noi siamo antisemiti. E avremo
i nostri leader che sbuffando e balbettando ricorderanno al mondo che è
stata Hamas a rompere il cessate il fuoco. Non lo ha fatto. Israele lo
ha fatto per prima, il 4 novembre, quando con i suoi bombardamenti
uccise 6 palestinesi a Gaza e ancora il 17 novembre quando in un altro
bombardamento morirono altri quattro palestinesi.

Sì, Israele merita sicurezza. Venti israeliani uccisi in 10 anni attorno
a Gaza è un dato tragico. Ma 600 palestinesi morti in una sola
settimana, e migliaia nel corso degli anni dal 1948, è sicuramente un
differente scala. Questo ci ricorda che non siamo di fronte a un
"normale" massacro del Medio Oriente, ma ad una atrocità che ricorda la
guerra dei Balcani degli anni '90. E naturalmente quando un arabo
scatenerà tutta la sua furia incontenibile e scaricherà la sua rabbia
cieca contro l'occidente, diremo che questo non ha nulla a che fare con
noi. Ci chiederemo, perchè ci odiano? Ma non facciamo finta che non
conosciamo la risposta.

sabato 3 gennaio 2009

Emergenza GAZA


La situazione a Gaza diventa sempre più drammatica.
Gli ospedali sono al collasso, i medicinali scarseggiano e le vittime civili sono destinate ad aumentare sempre di più per l’impossibilità di ricevere cure e trattamenti sanitari adeguati.
L’Associazione Amici della Mezza Luna Rossa Palestinese lancia una campagna di raccolta di fondi per l’acquisto dei materiali necessari in questo stato d’emergenza ( non è possibile donare o raccogliere generi alimentari o medicinali, perché Israele non lascia passare niente ).

Le vostre offerte possono essere versate sul Conto Corrente dell’Associazione, specificando nella causale “SOS GAZA”:

D 07601 03200 62237201
cin abi cab n. conto

Codice IBAN: IT69 D076 0103 2000 0006 2237 201
Codice BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX


Ringrazio il Presidente, Dott. Domenico Gallo, la Vice-Presidente, Prof.ssa Marcella Delle Donne, la Responsabile dell'Ufficio Stampa, Dott.ssa Silvia Rizzello e tutti i membri del Direttivo
dell'Associazione, per tutto quello che stanno facendo in questi tempi difficili per la causa palestinese e particolarmente per il lavoro svolto per il progetto " Adotta un/a bambino/a palestinese
Orfano/a o Ferito/a ", e invito TUTTI a compiere un gesto di generosità e di concreta solidarietà con un popolo che veramente ne ha bisogno.
Chiedo a tutti la massima pubblicazione e diffusione.
Cordiali saluti.

Dr. Yousef Salman
Delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese in Italia
Cell.: 347 9013013

giovedì 1 gennaio 2009

appello per una manifestazione regionale a Bari



SABATO 3 GENNAIO 2009

MANIFESTAZIONE REGIONALE PUGLISE. CONCENTRAMENTO ORE 17.00 IN PIAZZA
PREFETTURA A BARI

CONTRO LA PULIZIA ETNICA E IL TERRORISMO DI STATO ISRAELIANO

FERMIAMO IL MASSACRO DI GAZA!

E' partito sabato mattina l'attacco dell'esercito di occupazione israeliano sulla inerme popolazione civile palestinese già stremata da un lungo embargo che ha reso insufficienti e privi di strumenti adeguati gli ospedali della Striscia di Gaza. A pochi giorni dai primi raid aerei israeliani sulla Striscia si contano già quasi 440 morti e 3000 feriti, di cui molti gravissimi, un bilancio destinato purtroppo a crescere. Tra le vittime, dicono i mezzi d'informazione ufficiale, tante donne e tanti bambini, i cui corpi stanno arrivando a brandelli negli ospedali. Al momento ci sono 80 bambini morti e più di 700 feriti

I morti e i feriti di Gaza sono l'ennesima testimonianza della pulizia etnica che lo Stato israeliano da 60 anni sta portando avanti attraverso una guerra di occupazione, di apartheid, di violenza militare sull'intera popolazione palestinese. Il pretesto dell'attacco "difensivo" dai missili qassam, vuole distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale dal fatto che a Gaza un milione e mezzo di persone sta rischiando la morte da quasi due anni di embargo, che ogni giorno produce vittime.

NON C'E' TEMPO DA PERDERE!!! FERMATE IL MASSACRO DI GAZA!!!

SABATO 3 GENNAIO 2009
MANIFESTAZIONE REGIONALE PUGLISE. CONCENTRAMENTO ORE 17.00 IN PIAZZA
PREFETTURA A BARI
PER

- L'IMMEDIATO STOP ALL'ATTACCO MILITARE SULLA STRISCIA DI GAZA

- LA FINE DELL'EMBARGO CONTRO LA POPOLAZIONE PALESTINESE DI GAZA

- IL CONGELAMENTO DI TUTTI GLI ACCORDI POLITICI ECONOMICI E MILITARI TRA
L'ITALIA E ISRAELE

- LA FINE DELL'OCCUPAZIONE ISRAELIANA DELLA PALESTINA


VITA, TERRA E LIBERTA' PER IL POPOLO PALESTINESE

Comunità Palestinese - Puglia
UDAP
P.D. Regionale - Puglia
Rifondazione Comunista - Puglia
Partito dei Comunisti Italiani - Puglia
Verdi - Puglia
Alternativa Comunista - Puglia
Sinistra Alternativa - Puglia
RDB/CUB- Puglia
ARCI - Puglia
Confederazione Cobas
Comitato di Quartiere Paolo Sesto Taranto
Comitato di Quartiere Città vecchia Taranto
Network per i diritti globali Barletta
Centro di documentazione filorosso Foggia
Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto
Most za Beograd di Bari
Coop. Soc. Il Nuovo Fantarca onlus
"Godwin Club Italia" (XIV anno)
Sindacato dei Lavoratori Intercategoriale "SdL"
(Confederazione Italiana di Base) C.I.B. UNICOBAS di Bari
Servizio Civile Internazionale SCI - Bari
Rete per la legalita' ed i diritti negati
Salento Nowar, Coordinamento Salentino contro la guerra e contro le basi militari

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LECCE - CAPODANNO DEI POPOLI- MANIFESTAZIONE PER LA PALESTINA