sabato 21 agosto 2010

Wikileaks svela: le truppe segrete inviate da Prodi


DA: Corriere.com
ROMA - Trattative riservate tra Roma e Washington e soldati inviati in Afghanistan “con discrezione”, per non urtare “la sensibilità politica” nazionale, cioè i faticosi rapporti tra il presidente del Consiglio e la parte sinistra della sua coalizione.
Le rivelazioni di Wikileaks sul governo Prodi-Bertinotti-Ferrero (2007)
Ecco alcune delle rivelazioni sull’Italia di Wikileaks che descrivono il “dietro le quinte” del governo Prodi nel 2007 quando il “professore” era costretto a sudare per districarsi tra l’esigenza di essere presente sulla scena internazionale, le pressanti richieste americane e l’avversione all’impegno militare dell’ala radicale della sua esigua maggioranza. Sono passati solo tre anni ma sembrano trenta dal punto di vista politico e i rapporti riservati diffusi da Wikileaks aprono uno squarcio sul lavoro diplomatico che si svolse tra le due sponde dell’Atlantico.
Così vengono confermati i rapporti non facili tra Romano Prodi e il presidente americano George W. Bush, nell’attesa di un incontro che, a un anno dall’elezione del leader democratico a Palazzo Chigi, era diventato “un problema politico”. E vengono confermate tutte le difficoltà di Prodi a fare fronte alle richieste di Washington per un aumento delle truppe italiane a Kabul.
Secondo un file classificato come “confidential” del 30 maggio 2007, l’Italia era sì disposta ad aumentare il proprio contributo militare, ma a patto che la questione “non sia trattata pubblicamente ma solo a un livello tecnico” data “la sensibilità politica nazionale” sulla missione Isaf. Gianni Bardini e Achille Amerio, i due diplomatici citati nel testo, spiegavano anche come “le leggi italiane rendono ardua la donazione di equipaggiamenti militari”, anche se il governo avrebbe, comunque, “trovato un modo” per inviare più soldati. Del resto, come rivelato dal documento, Roma “in maniera discreta”, stava già aumentando le proprie capacità militari in Afghanistan.
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Su Wikileaks un documento riservato sull'Italia
Nel 2007 Roma invia più truppe ma chiede riservatezza
da: televideo
Più truppe italiane in Afghanistan? Va bene, ma con discrezione. Questo è il senso politico che si ricava da un documento americano classificato come 'confidential' del 30 maggio 2007 e pubblicato da Wikileaks.

Il 'file' riservato racconta un pezzo di storia recente italiana descrivendo le difficoltà dell'allora premier Romano Prodi - mai nominato direttamente nel dossier Usa - nel dover prendere una decisione difficile come l'aumento delle truppe in Afghanistan essendo alla guida di una coalizione condizionata dalle posizioni pacifiste dell'estrema sinistra di Fausto Bertinotti. Il ministro degli Esteri all'epoca era Massimo D'Alema.

Roma, secondo i documenti, si diceva pronta ad aumentare la sua capacità militare in Afghanistan, ma a patto che l'argomento non fosse trattato pubblicamente. La fonte dell'informativa, si legge nel file, è l'ambasciata americana a Roma.

Nel documento, dal titolo ''Italia pianifica altri contributi all'Isaf - Necessario lavorare con discrezione, ad un livello tecnico'', compaiono i nomi di Gianni Bardini, allora ministro plenipotenziario e responsabile per le problematiche di sicurezza e le questioni NATO della Direzione Generale Affari Politici Multilaterali e Diritti Umani, e di un altro diplomatico, Achille Amerio.
Nel testo i due spiegano che Roma, ''in maniera discreta'', sta già aumentando le proprie capacità militari in Afghanistan. ''Le leggi italiane rendono ardua la donazione di equipaggiamenti militari'' sottolinea Bardini, aggiungendo pero' che ''l'Italia avrebbe trovato un modo''. Inoltre, si legge, ''l'Italia potrebbe annunciare ulteriori contributi nel corso di un incontro tra i ministri della Difesa a Bruxelles''.
La condizione, tuttavia, come ''sottolineato'' dalle fonti italiane, e' che il dibattito sull'invio di militari italiani ''non sia trattato pubblicamente ma solo a un livello tecnico'' a causa ''della sensibilità politica nazionale'' sulla missione Isaf in Afghanistan

mercoledì 11 agosto 2010

A Pisa l’Hub della guerra


di Manlio Dinucci

L'aeroporto militare di Pisa diventerà l’Hub nazionale delle forze armate, ossia l’unica base aerea da cui transiteranno tutti i reparti inviati nelle diverse «missioni internazionali»: lo ha annunciato il portavoce della 46a Brigata aerea, maggiore Giorgio Mattia. I lavori inizieranno il prossimo maggio e, entro il 2013, l’Hub diventerà operativo. I lavori di ampliamento dello scalo prevedono una struttura ricettiva per circa 30mila uomini perfettamente equipaggiati, per un arco di tempo di almeno un mese. La struttura, ha precisato il portavoce, rispecchierà in tutto e per tutto i grandi hub civili con servizi di check in e check out, movimentazione bagagli e altri servizi di terra che potranno essere gestiti da ditte civili.

Con la differenza che vi transiteranno non turisti con T-shirt e canne da pesca, ma militari con tute mimetiche e fucili mitragliatori.
Il progetto viene presentato come un investimento importante che, rilanciando il ruolo strategico della base pisana, potrà avere importanti ricadute economiche sul territorio. «L’aeroporto militare nuova ricchezza per Pisa», titola Il Tirreno (3 agosto), prevedendo che l’Hub, in grado di movimentare fino a 30mila militari al mese, creerà un notevole indotto la cui capacità, inclusi i familiari al seguito, viene stimata in 50-60mila persone. Questo in una città che non raggiunge i 90mila residenti. Tale progetto, che stravolge la vocazione turistica del territorio puntando sul militare, viene imposto all’intera città senza che i suoi abitanti siano stati consultati. Sicuramente, invece, esso ha ricevuto l’entusiastico ok dell’amministrazione comunale, presieduta dal sindaco Marco Filippeschi (Pd).
E’ stato Filippeschi, lo scorso novembre, ad annunciare che la base Usa di Camp Darby, tra l’aeroporto di Pisa e il porto di Livorno, ha «importanti prospettive» e che «gli americani ritengono questo insediamento molto importante e vogliono continuare a investirci». Intanto vi investono la Regione Toscana e i comuni di Pisa e Livorno che, ampliando il Canale dei Navicelli, permettono alla base di velocizzare i collegamenti con il porto di Livorno e accrescere la sua capienza, così da rifornire più rapidamente le forze terrestri e aeree nell’area mediterranea, africana e mediorientale. Nello stesso quadro si inserisce il progetto dell’Hub di Pisa: il fatto che esso sarà in grado di movimentare fino a 30mila militari al mese, il triplo di quanti l’Italia ha dislocati all’estero, indica che la struttura potrà essere usata anche dalle forze armate statunitensi.
Si tace però sul fatto che l’impatto ambientale dell’aeroporto è già oggi ai limiti della sostenibilità. La 46a Brigata, dotata di aerei C-130J della Lockheed Martin che trasportano in continuazione truppe e materiali in Afghanistan e altri teatri, effettua oltre 10mila movimenti annui di velivoli militari, ai quali si aggiungono quelli effettuati per conto di Camp Darby, il cui numero è segreto. Nello stesso aeroporto, la cui gestione è militare, si svolgono oltre 40mila movimenti annui di velivoli civili. Sempre più spesso i C-130J e altri aerei sorvolano a bassa quota le zone abitate, incuranti dell’inquinamento che provocano e che le autorità di solito ignorano. Aumenta allo stesso tempo il pericolo di incidenti come quello verificatosi lo scorso novembre, quando un gigantesco C-130J, modificato in aereo cisterna per il rifornimento dei caccia in volo, è precipitato su una linea ferroviaria subito dopo il decollo, rischiando di provocare una strage. La realizzazione dell’Hub, una vera e propria città militare all’interno della città, che richiederà maggiore spazio e la probabile demolizione di edifici civili, accrescerà enormemente tale impatto.
Siamo quindi di fronte al progetto di militarizzazione di un territorio, che supera ampiamente quello del raddoppio della base di Vicenza, da cui potranno trarre vantaggio alcuni settori economici locali, ma non l’economia né tantomeno la cittadinanza nel suo complesso. Una «grande opera» militare, il cui enorme costo fagociterà altro denaro pubblico, mentre anche a Pisa si tagliano i fondi per l’università, la sanità e altri settori. Un altro investimento sulla «risorsa guerra», dietro il paravento delle «missioni umanitarie».

DAL "il manifesto", 4 agosto 2010
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lunedì 9 agosto 2010
Pisa sarà una grande portaerei
Per il sindaco (pd) «è un onore»
Annuncio choc: l'aeroporto sarà un hub per tutte le missioni militari

Francesco Ruggeri
L'aeroporto militare di Pisa diventerà un hub nazionale per le forze armate, «l'unico posto da dove si partirà per le missioni internazionali». Il portavoce della 46ma Brigata aerea (10mila voli l'anno in Afghanistan per conto dell'Italia e un numero segreto di servizi per conto di Camp Darby) ha spiegato che i lavori inizieranno in primavera per approntare entro il 2013 lo scalo su cui si concentreranno i voli militari e una struttura logistica capace di ospitare e equipaggiare, in meno di un mese, fino a 30mila uomini più eventuali familiari al seguito per altre 50-60mila persone. Vicenza, al confronto, è una bazzecola. Tutto ciò in una città di 90mila abitanti che solo nel 2004, proclamandosi "città della Pace, spergiurava - assieme all'allora governatore tocano, sulla necessità di riprendersi quel pezzo di macchia mediterranea occupato da Camp Darby in nome di una vocazione turistica dell'area e di un'ambizione pacifista delle politiche di governo del territorio.

«Invece, ci sarà una base militare strutturata per il ruolo offensivo delle truppe italiane all'interno di una politica estera pensata per avventure neo coloniali, per missioni internazionali, per una guerra permanente», spiegano i Cobas pisani che hanno fatto uscire la notizia dagli ambiti della stampa locale mentre, pochi chilometri più in là, proseguono i lavori di ampliamento del canale del Navicelli per dotare la base Usa- Nato dello sbocco al mare per Camp Darby richiesto dallo Zio Sam ai comuni di Pisa e Livorno e alla Regione.
Sembrano secoli quelli che ci separano da quando il consiglio comunale di Pisa votò la mozione per la riconversione di Camp Darby. L'ampliamento del Fosso dei Navicelli (a gestire l'area è la Spa Navicelli, pubblica al 100% con le quote azionarie equamente divise tra Comune, Provincia e Camera di Commercio) non è solo quello di aumentare la profondità del canale e creare una ampia zona per attività industriali ma pure il collegamento diretto via acqua di Camp Darby, la più grande base logistica degli Usa, con il porto di Livorno dove da anni una banchina è riservata già a Usa e Nato. «A rendere possibile il tutto ci sono finanziamenti di varia provenienza e la supervisione dei tecnici comunali - spiega a Liberazione, il portavoce locale dei Cobas, Federico Giusti - sarebbe il caso di chiedere coerenza ai consiglieri e ai partiti che sostennero quella mozione pacifista, sarebbe il caso che le sonnolenti realtà sociali e politiche pisane si attivassero contro la militarizzazione del territorio se non vogliamo che Pisa sia trasformata in zona di guerra. Se non ora quando?». Ma per Marco Filippeschi, il sindaco di Pisa per conto del Pd, all'epoca della mozione deputato diessino, la nascita dell'hub va messa fra le buone notizie: «Per Pisa non può che essere un onore accogliere le strutture che consentiranno all'aeroporto militare di essere il punto di riferimento, logistico e di volo, per le missioni di pace che le nostre forze armate saranno chiamate a svolgere. Senza sottovalutare anche le possibili ed interessanti ricadute occupazionali». Nel commentare la notizia, il sindaco ha voluto sottolineare come «la convivenza della base militare e dello scalo civile, segnate in questi anni dagli ottimi rapporti con il Comune di Pisa, sono garantite e producono effetti come è stato nel caso del progetto per l'allungamento delle piste». Inutile dire che la città non ne sapeva nulla e il consiglio comunale non ha mai discusso dell'hub. Solo nell'ultima seduta prima della pausa estiva s'è parlato delle ripercussioni negative dell'eventuale ampliamento dell'aeroporto di Firenze. Rifondazione comunista ha appreso dell'avanzata ipotesi di militarizzazione di S.Giusto solo dalla stampa. «E ci trova in totale disaccordo l'idea che, mentre si tagliano i servizi essenziali, si trovino soldi per la guerra, per la cementificazione e per l'inquinamento di un aeroporto tutto dentro la città», dice Luca Barbuti, segretario pisano di Rifondazione che fa appello al tessuto imprenditoriale e politico della città di non fare «come la cricca di fronte alle macerie aquilane: non ci si arricchisca sull'economia di guerra». C'è da scommettere che la città reagirà. Le risorse ci sono. Unico nel suo genere, l'ateneo pisano ospita un corso di laurea in Scienze per la pace. E, nel mese di maggio, quando il comune voleva mandare i bambini in gita nella scuola dei parà, c'è stata una fortissima mobilitazione dell'opinione pubblica - prima di tutti insegnanti e genitori - per trasformarla in un flop.

DA "Liberazione" 05/08/2010, pag 5

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Comunicato stampa da
Confederazione Cobas Pisa

Aeroporto militare  e Camp Darby:come ti militarizzo il territorio pisano
L'aeroporto militare di Pisa diventerà un Hub nazionale per le forze armate,"l'unico posto da dove si partirà per le missioni internazionali" . Lo dice alla stampa il portavoce della 46esima Brigata aerea che annuncia, per la primavera 2011, l'inizio dei lavori da terminare entro il 2013.  Ma chi pensa ad un potenziamento solo delle piste si sbaglia. Pisa diventerà una struttura
logistica di primaria grandezza in Europa, un centro militare nevralgico capace di ospitare e equipaggiare, in meno di un mese, fino a 30 mila uomini. Una base militare strutturata per il ruolo offensivo delle truppe italiane all'interno di una politica estera pensata per avventure neo coloniali, per missioni internazionali, per una guerra permanente. A pochi chilometri di distanza poi proseguono i lavori di ampliamento del canale del Navicelli per dotare la base
Usa\Nato di quello sbocco almare richiesto dagli Usa ai Comuni di Pisa e Livorno e alla Regione Toscana. Anni fa il Consiglio Comunale di Pisa votò una mozione per la riconversione di Camp darby, da mesi  sono ormai iniziati i lavori  di ampliamento del Fosso dei Navicelli (a gestire l'area è  la Spa Navicelli , spa pubblica al 100% con le quote azionarie equamente divise tra Comune di Pisa, Provincia di Pisa, Camera
di Commercio di Pisa). L'obiettivo non è solo aumentare la profondità del canale e creare una ampia zona per attività industriali, l'obiettivo rimane quello di allargare il Canale per consentire alla base Militare di Camp darby
il collegamento diretto via acqua con il porto di Livorno dove da anni una banchina è riservata alle attività militari Usa e Nato. A rendere possibile il tutto finanziamenti di varia provenienza e la supervisione dei tecnici comunali. Sarebbe il caso di chiedere coerenza ai consiglieri e ai partiti che sostennero quella mozione pacifista, sarebbe il caso che le sonnolenti realtà sociali e politiche pisane si attivassero contro il military business e la militarizzazione del territorio se non vogliamo che Pisa sia trasformata in zona di guerra. Se non ora quando?

Confederazione Cobas Pisa

lunedì 9 agosto 2010

Effetti Collaterali



Wikileaks rende pubblico un video in cui soldati Usa uccidono deliberatamente 12 civili in Iraq

WikiLeaks, un sito specializzato nella pubblicazione di documenti secretati, ha poche ore fa pubblicato un video segreto (che potete vedere nella home page di PeaceReporter) dell'esercito degli Stati Uniti d'America girato nel 2007 da un elicottero durante una operazione militare nella periferia di Baghdad. L'elicottero ha sparato e ucciso dodici civili tra cui due operatori della agenzia di stampa Reuters. Nell'azione ripresa dallo stesso elicottero, furono feriti due bambini. L'agenzia di stampa aveva provato ad ottenere il materiale video, ma inutilmente. Il video mostra chiaramente che gli operatori della Reuters sono stati uccisi dopo che erano già stati feriti. Nell'azione, anche due bambini erano stati feriti gravemente.
Per approfondimenti, www.collateralmurder.com.
da Peacereporter

Mentre due soldati italiani morivano in Afghanistan sulle spiagge di Gallipoli i reclutatori dell’Esercito erano all’opera tra i giovani disoccupati.

www.pugliantagonista.it




La cronaca sull’esplosione che ha provocato la morte dei due genieri ad Herat non è quella del solito attentato a blindati italiani , ma neanche quella di un semplice un incidente di lavoro che a specialisti in sminamento può anche capitare poiché le circostanze e i soggetti coinvolti fanno affermare ad alta voce che stiamo assistendo all’innalzamento delle qualità professionali degli artificieri talebani che anche noi dell’Osservatorio sui Balcani di Brindisi nelle pagine del nostro sito abbiamo più volte anticipato , definendo la guerra afgana come la prima guerra persa dalla NATO .

Tutto ciò lo confermano il reparto di elite di appartenenza delle vittime e che almeno una delle due vittime fosse un sottufficiale con a carico numerose operazioni di sminamento all’estero.

La circostanza che l’esplosione sia avvenuta dopo che avevano già disinnescato un altro ordigno fa pensare che la tecnica della posa delle mine, da parte dei talebani , oltre che esser cambiata nell’uso di materiali, diversificandosi tra recupero di mine residuati della guerra Russo-talebana, utilizzo di materiali chimici ad uso civile come il nitrato d’ammonio, l’uso di ordigni telecomandati o invece ad innesco convenzionale ( pressione, vibrazione, magnetici, miccia, ecc) , stia cambiando anche nella tecnica della posa, ovvero passando da quella di singoli ordigni, prevalentemente antitank ( quindi relativamente sicuri quando si maneggiano sul campo avendo bisogno di elevate pressioni per esplodere) , a quello “misto “, trappolato, ovvero il posare mine antitank protette a raggiera da mine antipersona o addirittura posate a bella posta affinché gli sminatori cadano in un campo minato trappolato.

Il fatto stesso che in quest’occasione siano incappati due esperti artificieri appartenenti ad una unità mobile composta da ben 36 elementi dotati di cercamine, cani, robot, ecc, fa pensare che il “rudimentale ordigno” sia invece una di quelle micidiali mine italiane o similari che proprio nei rapporti segreti svelati da Wikyleaks due giorni fa sono definite la bestia nera degli sminatori USA in Afghanistan, mine siglate TC/6 o simili, fatte in plastica e ceramica difficilissime da scoprire e capaci di rimanere efficienti quasi in eterno in uno scenario desertico come quello afgano.

Un tempo noi italiani eravamo all’avanguardia in questo settore, con una grande azienda la Tecnovar di Bari , nella nostra regione , la Puglia, che brevettò questi aggeggi micidiali che, anche dopo la messa al bando in Italia potè continuare la produzione all’estero e spedirne a decine o centinaia di migliaia proprio in Afghanistan coi soldi della CIA per combattere i russi.

Per riuscire a disinnescarle , occorre comprendere innanzitutto come si installano, il loro uso semplice o combinato con mine antitank , poi imparare a renderle innocue e … se sei diventato bravo puoi riconvertirle ad un nuovo uso.

L’esplosione di oggi dimostra una tecnica appresa presso una buona scuola di artificieri o anche ad una di sminatori e rispetto a queste ultime , ringraziando ALLAH, pardon l’ONU e la NATO ce ne sono tantissime sotto l’egida di ONG benemerite e famosissime che operano in Afghanistan da diversi anni e che hanno prodotto valenti specialisti tra gli afgani nel recupero mine…( su questo argomento vi invito a leggere il nostro articolo Quando i talebani andarono a scuola di mine dagli italiani

Il fatto che a cadere oggi siano stati dei valenti specialisti nel campo delle mine come i nostri artificieri, ritenuti in tutto il mondo all’avanguardia ( vedi l’ultima operazione di sminamento di UNIFIL sul confine israelo-libanese) apre scenari inquietanti quali l’aumento esponenziale dei prossimi costi logistici in Afganistan, ovvero utilizzo abnorme di mezzi e uomini per far operare in sicurezza , crescita di perdite in uomini e mezzi, diminuzione della flessibilità d’intervento.
Talebani pochi, sporchi e malvisti dai locali?

Per terminare facciamo notare che una cosa è posare in tutta fretta un ordigno improvvisato, nel cuore della notte , un altro gingillarsi nel posare mine trappolate o interi campi minati: ciò significa che i cosiddetti insorti hanno possibilità di operare all’aperto alla luce del giorno sotto gli occhi della popolazione , connivente o semplicemente passivamente accondiscendente.
Trappola con la complicità dei locali?

A questo punto altri terribili dubbi vengono andando a rileggere la cronache degli ultimi interventi dei nostri sminatori, chiamati ad intervenire su indicazioni di soldati afgani o civili e che alla luce dei fatti potrebbero essere interpretati non come segnali di fiducia nei confronti dei nostri soldati, bensì come occasioni per far studiare ad altri i nostri “modi operandi”

Il testamento spirituale dell’artificiere.


Fa pensare l’intervista fatta venti giorni fa al povero maresciallo Mauro Gigli, che candidamente dice all’operatore RAI di esser intervenuto su un ordigno-trappola che sembrava un antitank a pressione ed invece era radiocomandato. A rivederla quell’intervista è il testamento spirituale di ogni artificiere che inviato sul campo per un lavoro “di routine”, invece deve constatare che a salvarlo è stata la fortuna, la non raggiunta raffinatezza dell’avversario, una preveggenza extrasensoriale ma che d’ora in poi il bersaglio è proprio lui, in una sorta di cecchinaggio e controcecchinaggio

Se sono vere le ultime dichiarazioni del Ministro La Russa sul fatto che il maresciallo si sia accorto della trappola qualche istante prima di saltare in aria, avvisando gli altri della pattuglia , ebbene questo significa che ha compreso all’ultima istante che la partita tra specialisti , questa volta era stata vinta dall’avversario.
Il grande affare delle contromisure

Mine, trappole radiocomandate e altri congegni infernali son divenuti la causa principale dei caduti degli USA in Afghanistan a partire dal 2007 e il più grande esercito degli Stati Uniti ha speso per difendersi da essi circa la metà della spesa totale di tutte le apparecchiature elettroniche , con aumenti di investimenti per esempio per quanto riguarda il disturbatori di radiocomandi più in uso in Afghanistan , lo Warlock "IED jammer , del 400% nel 2007 rispetto ai livelli del 2003. ( dati Wikyleaks) Di questi disturbatori ce ne sono ben 2769 schierati, oltre ad altri 1734 del modello Acorn, centinaia i rivelatori portatili di esplosivi, decine di veicoli Husky e Mercaat per individuazione mine, centinaia di robot della serie Pacbot e Marcbot IV e vari oltre che decine di aerei robot che sono in volo 24 ore su 24 che hanno il compito di individuare i posatori di mine. Nonostante ciò e una spesa che raggiunge i miliardi di dollari, le vittime statunitensi continuano ad essere elevate e la possibilità di competere con quei costi stratosferici per gli italiani è impossibile.





Arruolati anche tu nelle truppe imperiali!


In compenso abbiamo materiale umano da reclutare a poco prezzo e nel giorno in cui saltava in aria un pugliese come il caporalmaggiore De Cillis di Bisceglie, nella sua regione d’origine , nel Salento , tra i villeggianti della città di Gallipoli, nella cornice del parco di giochi acquatico “Acqua Splash” interveniva l’Info Team dell’esercito italiano , composto da personale del comando militare Esercito “Puglia” e del centro documentale di Lecce che in pantaloncini blu, maglietta verde e cappellino beige con logo istituzionale , facevano conoscere ai giovani pugliesi disoccupati le opportunità professionali e formative offerte dalla Forza Armata, con la possibilità di viaggiare tanto all’estero e conoscere dei posti meravigliosi irraggiungibili da turisti squattrinati e sprovveduti come sono loro...

Altri Infoteam si son visti sulle spiaggie del NordBarese e a detta dell’esercito continueranno la loro opera di reclutamento per tutto il mese di agosto tra ombrelloni, pizzichi, mellonate e giochi acquatici....

Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

Brindisi 29 luglio 2010