mercoledì 29 ottobre 2008

1 Novembre: Giornata NO F-35 (Disoccupiamo le fabbriche di morte)



Tra poco inizieranno a costruire lo stabilimento per assemblare centinaia di cacciabombardieri americani di ultima generazione, gli F35. Forse i lavori cominceranno già nei primi mesi del prossimo anno.

Vogliono costruire questo stabilimento dentro il recinto dell'aeroporto militare di Cameri (installazione di cui ignoriamo il preciso status giuridico).

Nel 2009 questo aeroporto compirà cent'anni: un bell'anniversario, non c'è che dire. Si tratta del principale impianto dell'aeronautica militare dedicato alla logistica ed alla manutenzione di velivoli da guerra. Ma non solo: recentemente è ritornato pienamente operativo, ospitando alcuni Tornado, certo impegnati in operazioni di sostegno alle imprese belliche in corso.

Ed ora, a dieci chilometri scarsi da Novara, vogliono pure far nascere una fabbrica di morte e di devastazione. Con la solita risibile scusa: posti di lavoro e progresso tecnologico.

Ma i posti di lavoro saranno in realtà pochi e maledetti. Ed il progresso tecnologico, ove applicato alle costruzioni militari, non è certo cosa desiderabile, né per la nostra comunità né per il genere umano nel suo complesso.

Per non parlare dell'enormità della spesa prevista: circa un miliardo di dollari solo per costruire lo stabilimento. Soldi prelevati dalle tasche dei contribuenti. Come pure dalle solite tasche verranno prese le somme per acquistare più di cento velivoli, a partire dal 2013, allo scopo di rinnovare il parco cacciabombardieri dell'aeronautica militare italiana. In tutto ci si avvicinerà, molto verosimilmente, alla cifra di venti miliardi di euro.

Tutto ciò mentre si taglia la spesa sociale (per la sola istruzione pubblica un taglio di quasi otto miliardi di euro per i prossimi quattro anni). Tutto ciò mentre il mondo attraversa una gravissima crisi economica.

Ma i nostri governanti non risparmiano molto sulle spese di morte. Solo un minimo di prudenza li fa rinunciare, almeno per il momento, all'acquisto immediato di un prototipo di F35 da utilizzare per prove e collaudi. Una piccola rinuncia dettata dalla tragicità della congiuntura economica, che però non blocca le intenzioni belliciste e di riarmo delle forze militari italiane.

Ma noi continueremo ad opporci con determinazione al progetto di costruzione e di acquisto degli F35: per difendere la nostra terra da devastazioni ed inquinamento, per difendere le nostre coscienze che non si vogliono rendere complici di bombardamenti e di assassinii più o meno tecnologicamente avanzati.

È per questo che ci troveremo a far festa ed a gridare il nostro no alla fabbrica degli F35. Ci ritroveremo proprio nel periodo in cui si incontrano i militaristi, che quest'anno preannunciano sontuosi festeggiamenti a novant'anni dalla “vittoria”, cioè dalla fine di quello schifosissimo macello che è stata la Prima Guerra Mondiale.

Noi ci troveremo a Novara, il primo novembre di questo triste 2008.


Programma:

Alle ore 14.00, in centro città (Piazza Cavour), comincia il presidio comunicativo e di protesta, con:

Il teatro dell'oppresso
Laboratori e trucco per bambini
Giocolieri @ Writers
mostra Luoghi dei Resistenti

Al parco pubblico di corso Trieste angolo via Bovio, nel quartiere di Sant'Agabio, faremo festa con il concerto:

Ore 19.00 - Novara Hip Hop con: TERZO GRADO e GORAMAN
Ore: 21.00 - ASSALTI FRONTALI


Disoccupiamo le fabbriche di morte.

Liberiamo le città e le campagne dalle sconcezze del militarismo.
Assemblea Permanente NO F35

sabato 25 ottobre 2008

Ok Usa, a Sigonella la sorveglianza Nato



ARMI
Ok Usa, a Sigonella la sorveglianza Nato
La Russa in visita a Washington
Manlio Dinucci

Il ministro della difesa Ignazio La Russa è raggiante: torna dalla visita ufficiale negli Stati uniti con due esaltanti risultati. Anzitutto, «il segretario alla difesa Robert Gates ha espresso assoluta disponibilità a scegliere Sigonella per il sistema Ags, e non la base offerta dai tedeschi». Era stato lo stesso La Russa, lo scorso giugno, a proporre a Gates la candidatura di Sigonella come base del nuovo sistema Nato di sorveglianza Ags (Alliance Ground Surveillance).
Che cos'è l'Ags? Si continua a ripetere che è «un sistema per la sorveglianza del territorio degli stati membri della Nato». In realtà, esso servirà a sorvegliare non il territorio dei paesi dell'Alleanza atlantica, ma il «terreno», fornendo importanti informazioni «prima e durante le operazioni Nato» in altri paesi. Si tratta dunque di un sistema finalizzato non alla difesa del territorio dell'Alleanza, ma al potenziamento della sua capacità offensiva «fuori area». Esso sarà «uno strumento chiave per rendere più incisiva la Forza di risposta della Nato (Nrf)», pronta a essere proiettata «per qualsiasi missione in qualsiasi parte del mondo». Ciò sarà reso possibile da vari tipi di piattaforme aeree e stazioni di controllo terrestri, sia fisse che mobili, con cui si potranno «prendere di mira veicoli in movimento».


Verrà così potenziata la funzione di Sigonella quale base della strategia offensiva Usa/Nato. Nella U.S. Naval Air Station Sigonella, in continua espansione, vi è il centro logistico delle forze navali del Comando europeo degli Stati uniti; vi è uno dei due principali siti del sistema Gbs, gestito da tutti i settori delle forze armate Usa; vi è l'unico sistema mobile C4I (Command, Control, Communications, Computers and Intelligence) delle forze armate Usa in Europa. E tra poco, da qui, decolleranno i Global Hawks, gli aerei Usa senza pilota che localizzano gli obiettivi da colpire. Nella «dépendance» di Niscemi, dove già sono in funzione 41 antenne Usa, sarà installata una delle quattro stazioni terrestri del Muos (Mobile User Objective System), il sistema della U.S. Navy che collegherà - con comunicazioni radio, video e trasmissione dati ad altissima frequenza - le forze navali, aeree e terrestri mentre sono in movimento, in qualsiasi parte del mondo si trovino.
Proponendo che sia l'Italia a ospitare il sistema Ags della Nato, La Russa ha posto due «condizioni»: che fosse scelta Sigonella e che il costo fosse «sostenibile». Su questo c'è da dubitare: la Nato stessa lo definisce «uno dei più costosi programmi di acquisizione intrapresi dall'Alleanza», che comporta una spesa di almeno 4 miliardi di euro. Verrà realizzato da un «consorzio transatlantico» di industrie militari, comprendente la Northrop Grumman, General Dynamics, Eads, Thales e Galileo Avionica, che nel 2005 ha ricevuto un primo contratto di 23 milioni di euro. Ulteriori impegni sono stati assunti per conto dell'Italia dal governo Prodi, nel 2006. Ma qui La Russa tira fuori l'altro asso dalla manica: al Pentagono ha firmato un memorandum d'intesa, in base al quale «ciascun governo fornisce all'industria dell'altro paese l'accesso al proprio mercato della difesa». Si prospettano dunque affari d'oro per le industrie militari dei due paesi, già impegnate in programmi congiunti come quello del caccia F-35 dal costo di 300 miliardi di dollari. Essi saranno sostenuti dai rispetti stati, che destineranno altro denaro pubblico alla spesa militare. Così la nostra spesa militare procapite, già al quinto posto nel mondo, salirà ancora. I soldi non mancheranno: basterà fare altri tagli alla scuola e all'università.

il manifesto
24 Ottobre 2008

domenica 19 ottobre 2008

BRINDISI: Base Onu e diritti calpestati



Base ONU di Brindisi: I diritti dei lavoratori? Calpestati!

(Da una notizia del Quotidiano di Brindisi , Lecce e Taranto del 16/10/08)


Recita così il comunicato della UIL di Brindisi inviato agli organi di stampa dopo la denuncia all’ispettorato del lavoro della città per presunte violazioni dei diritti sindacali e delle norme che regolano le contribuzioni previdenziali. L’ONU come ormai da prassi da quando si è installata a Brindisi si è trincerata dietro l’inviolabilità del suo territorio, negando l’accesso agli ispettori del lavoro e a quelli della previdenza sociale.

“ Il comunicato Uil continua dicendo “ Si continua a lavorare in nero nella Base ONU di Brindisi e mentre dai media e l’ONU vengono messe in evidenza il ruolo dell’Organizzazione nelle attività umanitarie,… dall’altro vengono calpestati i diritti dei lavoratori.”


Il commento dell’Osservatorio sui Balcani di Brindisi

E’ una notizia che a noi non stupisce avendo sin dal 1994 espresso forti perplessità sulle modalità e gli accordi con i quali lo Stato italiano espropriava il futuro dell’aeroporto di Brindisi (e di parte dell’economia cittadina) consentendo che gran parte di esso divenisse un grande magazzino ONU senza contropartite reali in fatto di ricadute economiche e permettendo che al buco nero della extraterritorialità dell’allora base USAF di San Vito dei Normanni si aggiungesse quella dell’ONU.

Le cose sono andate purtroppo come quindici anni fa denunciavamo: le promesse occupazionali sono divenute fandonie, le ricadute sulle piccole imprese brindisine una farsa , mentre le attività di manutenzione di aziende come le Officine Aeronavali venivano azzerate e spostate in altre città poichè i capannoni da esse utilizzate erano stati requisiti dall’ONU. Al danno si è infine aggiunta la beffa delle violazioni dei diritti sindacali di quei pochi lavoratori che hanno avuto un lavoro da questa organizzazione “caritatevole”…

Riproponiamo in questa occasione uno stralcio di quanto da noi scritto in un articolo comparso nel 2005 sul mensile Guerre e Pace .

Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

http://www.pugliantagonista.it/osservatorio.htm
Brindisi 17/10/08





BASE ONU DI BRINDISI:

Il bilancio di dieci anni di presenza di una base caratterizzata da molte anomalie.

La scheda:

Dal 1994 sono presenti presso la Mega Base Logistica ONU di Brindisi due strutture dell’organizzazione delle Nazioni Unite: UNLB e il WFP, ma accanto ad esse sono previste o già in attività altre agenzie o strutture ONU.


Il contenzioso con la città: le attese deluse

Sin dal primo momento il Comitato di informazione sulla Base ONU e sulla base NATO di Brindisi, che si opponeva alle anomalie di questa base, si scontrò con il Partito della Guerra che aveva negli enti locali , tra le lobby a carattere massonico e presente trasversalmente nei partiti una presenza agguerrita e che attraverso le campagne di stampa continuò accanitamente a dare del visionari ed allarmisti i contestatori salvo poi non negare l’evidenza della supermilitarizzazione della città quando ci si ritrovò in piena guerra del Kosovo con i missili schierati a difesa della città e un paio di bombe perse da un aeroplano Nato un po’ nervoso sganciate davanti alla centrale elettrica ENEL di Cerano.

Un Partito della Guerra che, pilotando accuratamente i giornali ventilava nel 1994 centinaia di assunzioni di giovani diplomati presso la Base ONU, ricadute sulle piccole aziende della città nei lavori di manutenzione dei mezzi e materiali provenienti da tutte le parti del mondo. Insomma un bell’affare!

Un Partito della Guerra che dovrà render conto alla città l’aver perso l’occasione con la smilitarizzazione dell’Aeroporto della possibilità di trasformarlo nel più grosso aeroporto del Sud per transito merci, viste la grandezza delle sue piste, la contemporanea presenza del porto e l’esistenza di un grande scalo merci aeroportuale mai utilizzato. Un partito della guerra che dovrà render conto che quella decina o poco più di autisti part-time ( questa è la ricaduta occupazionale ONU) assunti presso la Base, non compenseranno il sequestro ONUdegli Hangar delle Officine Aeronavali , con perdita di commesse importanti sia civili che militari, ed oggi le ricadute economiche ( lavori di piccola manutenzione e piccole commesse) sono ridotti al livello del 1995, una vera esiguità e spesso hanno dato a contenziosi legali ai quali le piccole aziende brindisine sono state costrette a rinunciare dovendo affrontare cause internazionali davanti al tribunale di Ginevra competente. Una vera fregatura!

Un partito trasversale che, con la fine della guerra del Kosovo e la partenza degli americani, invece di chiedere la restituzione alla città delle aeree militari dismesse arrivava nei tempi recenti a richiedere che almeno una squadriglia di cacciabombardieri di stanza ad Aviano fosse trasferita a Brindisi, come contropartita economica alla fedeltà atlantica dimostrata in tante occasioni.

Un Partito della Guerra trasversale capace pensare alla guerra mentre parla anche di pace che ha uomini e donne in entrambi gli schieramenti al suo servizio



Il futuro di Brindisi nel Peace-keeping.

La partenza degli americani da San Vito lasciava questa base ad una riconversione agli usi civili ma un contenzioso tra i gruppi di potere di San Vito dei Normanni ( che soffrivano delle mancate ricadute economiche dei militari USA) e quelli di Brindisi,(più propensi ad un uso civile della Base), portava ad un braccio di ferro sul quale si innestavano accordi trasversali che sfociavano nella richiesta bipartisan con il DDL1649 e la richiesta di istituire un centro di peace-keeping (chiamandolo centro di educazione alla pace) sotto il controllo dell’Esercito . Un centro che vedrebbe la presenza di istruttori militari, universitari ed ONG che dovrebbero formare quegli “operatori della sicurezza mondiale”,…( articolo scritto nel 2004)

Quello stesso partito che ha plaudito in questo inizio 2008 all’accordo tra ONU e Stato italiano di regalare all’ONU, invece di restituirla alla società civile( e ai tantissimi progetti di riconversione compreso quello che chiediamo da anni di farne un museo della Guerra Fredda ), una bella parte della ExBase di san Vito dei Normanni per farne un altro enorme deposito ed anche un centro di addestramento al peacekeeping con corsi di “polizia internazionale”. In cambio l’ONU accetterebbe di non aumentare la sua ingombrante presenza nell’aeroporto di Brindisi ( l’Aeroporto del Grande Salento)in cui ultimamente sono stati spesi tantissimi soldi ma che ormai dopo tanti anni di servitù ONU e moltissimi altri di servitù militari ( solo a fine 2008 si spera che l ‘AM lo lasci e transiti effettivamente civile) non ha speranze di recuperare tutte le occasioni perdute per rilanciare il suo ruolo di motore dell’economia cittadina. ( ndr 2008)

Antonio Camuso osservatoriobrindisi@libero.it

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

mercoledì 15 ottobre 2008

Bambini soldato, 250mila con il kalashnikov in mano


Mai più un kalashnikov imbracciato da un bambino: è l'istruzione l'unica 'arma utile' ad assicurare un futuro di speranza a 37 milioni di bambini che ancora non possono andare a scuola a causa delle guerre.

Eppure nel 2007 i Paesi in conflitto e instabili hanno speso 17,8 miliardi di dollari in armi, tre volte quanto necessario per garantire l'istruzione primaria ai bambini che li abitano, mentre i Paesi del G8 -Italia compresa- detengono l'84 per cento delle esportazioni di armi nel mondo.

La denuncia arriva dal rapporto di Save the Children, 'Bambini e armi. L'istruzione per combattere la guerra', pubblicato per il lancio della terza edizione della campagna 'Riscriviamo il futuro', che in due anni ha garantito un'istruzione di qualità a 6 milioni di bambini che vivono in nazioni colpite o reduci da conflitti armati, e punta a raggiungere quota 8 milioni entro il 2010.

“I Paesi del G8 - ha ammonito Save The Children - 'non possono dare aiuti nell'istruzione e impegnarsi solennemente a garantirla a tutti i bambini, in particolare a quelli nei Paesi in conflitto, e allo stesso tempo esportare armi leggere verso quelle stesse nazioni'. E ha aggiunto: 'Se veramente abbiamo a cuore il futuro dei minori afflitti da guerre, comprese le migliaia di bambini-soldato, bisogna non solo incrementare gli investimenti nell'istruzione, ma affrontare il nodo del commercio indiscriminato di armi leggere”.

Secondo il rapporto dell'organizzazione internazionale, ancora oggi almeno 250.000 minori di cui il 40% bambine sono impiegati come soldati, spie, facchini, cuochi, 'mogli' dei combattenti e arruolati in eserciti non governativi in almeno 24 nazioni e territori. Bambini costretti a commettere violenza ma anche a subirla: negli ultimi anni almeno 2 milioni sono stati uccisi dal fuoco delle armi leggere e 6 milioni feriti, resi disabili o traumatizzati perché obbligati ad assistere a episodi di abusi e violenze.

Poi ci sono i 22 milioni di bambini profughi e sfollati a seguito di guerre, e le 8-10.000 piccole vittime che ogni anno muoiono o rimangono mutilate per l'esplosione degli ordigni, in particolare di tipo 'a grappolo', che restano nascosti nel terreno.
http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=87089

lunedì 13 ottobre 2008

«Accordo segreto Onu-Nato»,Mosca chiede inchiesta su Ban Ki-moon


MOSCA (10 ottobre) - Mosca chiede all'Onu di aprire un'inchiesta sul segretario generale Ban Ki-moon, che il 23 settembre scorso ha firmato un accordo segreto tra Nazioni Unite e Nato. Accordo in base al quale riconoscerebbe l'Alleanza Atlantica «non come un'organizzazione militare
regionale, ma come un sostituto dell'Onu in tutti gli affari legati alla sicurezza internazionale». Il Cremlino ha così incaricato il rappresentante permanente della Russia alla Nato, Dmitri Rogozin, di lanciare la richiesta.



Intervistato dal quotidiano Izvestia, Rogozin ha detto: «L'accordo ha sollevato l'indignazione non solo della delegazione russa, ma anche di altri membri del consiglio di sicurezza dell'Onu che non sono stati tenuti al corrente». Il rappresentante ha poi tuonato contro Ban Ki-moon, il quale ora «rischia di subire una destituzione. Le sue azioni
sono vergognose».

Rogozin sostiene che l'accordo segreto con le Nazioni Unite «riabilita»
la Nato per i suoi bombardamenti in Serbia durante la guerra del Kosovo
e che Ban Ki-moon lo ha firmato perché «l'Onu condivide il fiasco in
corso in Afghanistan», dove la Nato comanda la forza internazionale di
assistenza alla sicurezza (Isaf) sotto il mandato dell'Onu stessa.
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=32571&sez=HOME_NELMONDO

sabato 11 ottobre 2008

«Stiamo perdendo l'Afghanistan»


Nel documento riservato un monito per il futuro presidente
Il rapporto degli 007 americani
«Stiamo perdendo l'Afghanistan»
L'allarme dell'intelligence Usa. Anche in Iraq «la guerra può riesplodere»
WASHINGTON — È un doppio messaggio. Rivolto all'attuale inquilino della Casa Bianca e al futuro presidente. L'Iraq «può esplodere di nuovo», l'Afghanistan è «in caduta libera». L'analisi, severa, è contenuta nella bozza della National Intelligence Estimate (Nie), documento riservato redatto da 16 agenzie di spionaggio Usa e che probabilmente — come ha anticipato ieri il New York Times — sarà presentato dopo le presidenziali di novembre. Il giudizio sulla situazione afghana è allarmante. L'influenza talebana è in crescita, gli attacchi aumentano, il governo centrale è debole e la corruzione «rampante» contribuisce a ridurne l'autorità.
Gli 007 riconoscono i progressi raggiunti ma avvertono che sono compromessi dalla sfida dei trafficanti di eroina, spesso collusi con funzionari governativi. Un'accusa che pochi giorni fa ha coinvolto uno dei fratelli del presidente Karzai. Un ex alto dirigente della Cia, Henry Crumpton, sostiene che i guai derivano da una «mancanza di leadership» che va imputata agli Usa e agli alleati Nato, mai risoluti nello stabilizzare l'Afghanistan. Gli 007 sono preoccupati anche per l'Iraq, nonostante Al Qaeda sia stata colpita con durezza. I successi potrebbero essere vanificati da un riesplodere della violenza etnica (sciiti contro sunniti), dalle tensioni arabi-curdi e da ciò che accadrà alle milizie conosciute come i «figli dell'Iraq». Sunniti, una volta membri della ribellione e spesso al fianco dei militanti jihadisti, hanno cambiato barricata. Contrari alle stragi dei qaedisti perché uccidevano soprattutto musulmani, lusingati e «comprati» dagli americani, hanno rivolto i mitra contro i terroristi. Sono stati loro, piuttosto che l'aumento di truppe, a schiacciare i seguaci di Osama.
Ora però devono passare sotto l'autorità del governo (dove gli sciiti hanno il peso maggiore) e non è detto che Bagdad confermi il loro status. Molti analisti temono che i «figli dell'Iraq» possano cambiare di nuovo alleanza confermando gli avvertimenti del generale David Petreaus («situazione fragile e reversibile»). Il Nie sarà letto con attenzione da John McCain e Barak Obama. Un rapporto a doppia lettura per i candidati. Sul-l'Iraq raffredda il bollettino di vittoria sbandierato da McCain, ma conforta la sua posizione contraria a un rapido ritiro sostenuto invece da Obama. Sull'Afghanistan conferma — come sostiene il democratico — che è necessario intervenire con priorità per non perderlo. Una missione forse impossibile con le soli armi. Per questo il Pentagono — parole del segretario della Difesa Gates — non è contrario all'apertura di un negoziato con i talebani (con Al Qaeda no) a patto che accettino la sovranità del governo afghano.
Guido Olimpio
10 ottobre 2008
http://www.corriere.it/esteri/08_ottobre_10/afghanista_usa_rapporto_007_cb97e4c4-9696-11dd-9911-00144f02aabc.shtml

Se la democrazia diventa inutile


di Ilvo Diamanti







(su Repubblica.it del 1 ottobre 2008)


Il Consiglio di Stato ha bocciato il referendum indetto, domenica prossima, a Vicenza dall'amministrazione comunale, per consultare i cittadini sull'uso dell'area dove è prevista la costruzione di una nuova base Usa. Non una consultazione deliberativa, perché si tratta di una scelta che poggia su negoziati internazionali. Ma un modo per permettere alla popolazione di esprimersi su una decisione che è destinata a produrre effetti rilevanti sulla realtà locale: dal punto di vista dell'ambiente, del territorio, della viabilità, della sicurezza.

Il Consiglio di Stato ha stabilito che si tratta di un esercizio "inutile", perché si applica a un obiettivo "irrealizzabile". E ha, per questo, bloccato l'iniziativa, tre giorni prima dello svolgimento. Contraddicendo, così, il pronunciamento del Tar, che, al contrario due settimane fa, aveva considerato legittima la consultazione.
Così, Vicenza diventa un caso esemplare, nella sua specificità. Una città dove lo Stato decide che i cittadini non "devono" pronunciarsi, secondo procedure istituzionali, perché, comunque, è stato già deciso. Peraltro, è difficile che, in questo caso, si levino voci indignate, a livello nazionale. (ad eccezione dei "soliti" esponenti della sinistra radicale). Perché su questa materia l'accordo è bipartisan.
La scelta della nuova base Usa nasce, cinque anni fa, da un accordo informale fra Berlusconi e le autorità americane, approvata dall'amministrazione di Vicenza del tempo e coltivata in gran segreto per anni. Così, a doverla gestire è stato il governo Prodi, che, dopo qualche resistenza e molte perplessità, ha, infine, concesso la base agli Usa, nel gennaio 2007. In nome dei buoni rapporti con l'alleato più influente, a livello internazionale. Dunque, destra, sinistra e centro d'accordo. Senza se e senza ma. Cioè: senza ascoltare i cittadini. Senza neppure preoccuparsi di vedere il luogo, il contesto, le condizioni.
Nessun leader politico del centrodestra e del centrosinistra che sia venuto a Vicenza a confrontarsi, a spiegare le ragioni della scelta. Nessun ministro che, negli ultimi due anni, abbia avuto il coraggio di avvicinarsi alla città, per timore di venire fischiato e contestato. Oggi che i fischi e le contestazioni fanno male all'immagine.
Solo il presidente Napolitano, di recente, si è recato a Vicenza. E ha pronunciato parole prudenti ma, in fondo, sagge, esortando affinché la difesa degli interessi locali avvenga nel rispetto di quelli nazionali. Senza, però, negare il diritto dei cittadini a esprimersi. Mentre il Consiglio di Stato ha decretato che il referendum è inutile. La stessa posizione espressa, in modo aperto, dal ministro La Russa. E dai leader di centrodestra. Dal presidente della Regione, Galan. Senza che, peraltro, si siano levate voci dissonanti dal centrosinistra. Né dal Pd né dall'Idv di Antonio di Pietro. D'altra parte, lo stesso Berlusconi, nelle scorse settimane, aveva inviato al sindaco di Vicenza una lettera per invitarlo a desistere. Il referendum è inutile: non fatelo. Tutti d'accordo, da sinistra a destra. Da Roma a Venezia.
Qui, però, non si tratta più del merito: la costruzione di una "nuova" base Usa (non dell'allargamento di quella pre-esistente, come erroneamente si dice) alle porte della città. Ma della possibilità dei cittadini di esprimersi attraverso un referendum. (come ritiene giusto oltre il 60% dei vicentini, interpellati in un sondaggio condotto da Demetra la settimana scorsa).

Il Consiglio di Stato (come le principali forze politiche nazionali) ha negato questa possibilità perché "ha per oggetto un auspicio irrealizzabile... su cui si sono pronunciate sfavorevolmente le autorità competenti". Sostenendo, in questo modo, che l'utilità della democrazia si misura solo a partire dal suo "rendimento" concreto; dall'efficacia dei risultati. (Se così fosse, non si spiegherebbe perché, per quanto faticosamente, regga ancora nel nostro paese).
Come se la democrazia fosse un utensile per realizzare "prodotti" pubblici. Un sistema e un metodo per decidere, come un'impresa qualsiasi (proprio oggi che il mercato non sembra più di moda). Dimenticando che la democrazia ha valore in sé. E' un valore in sé. Le procedure mediante cui si realizza "servono" come fonte di legittimazione perché garantiscono riconoscimento alle istituzioni e consenso alle autorità.
La democrazia "serve" perché istituzionalizza il dissenso sociale, perché sostituisce la mediazione e la partecipazione allo scontro. La democrazia diretta, peraltro, offre un sostegno importante alla democrazia rappresentativa. Nel caso concreto, la prospettiva del referendum ha incanalato i comitati e i movimenti contrari alla base americana dentro alle logiche e alle regole del confronto istituzionale. Ha istituzionalizzato il dissenso. Ha isolato e estromesso le frange più estreme e le tentazioni violente.
Due anni di opposizione, manifestazioni e proteste su un terreno così critico si sono svolte senza incidenti, senza strappi. D'altronde, e non a caso, il movimento "No dal Molin" ha partecipato alle elezioni comunali dello scorso aprile, dove ha eletto una rappresentante. Accettando, così, il gioco della democrazia. Trasferendo il confronto dalla piazza alle sedi istituzionali. Sostituendo - e preferendo - la logica della rappresentanza a quella dello scontro.

Per la stessa ragione, il referendum avrebbe offerto all'amministrazione comunale e, in primo luogo, al sindaco Variati uno strumento per "governare" il malessere e le tensioni sociali. Perché, qualsiasi ne fosse stato l'esito, avrebbe ottenuto una delega a "negoziare". Anche se non vi fosse stato nulla di negoziabile - come accusa il Consiglio di Stato (la cui fiducia nel potere della partecipazione, dunque, della democrazia "sostanziale" appare assai fragile). In quel caso, avrebbe pagato lui, il sindaco, insieme all'amministrazione il prezzo di aver generato aspettative deluse. Ora, invece, la città si ritrova muta. Costretta al silenzio. Perché si è sancito, semplicemente, che, in alcuni casi, in questo caso, nel "suo" caso, la "democrazia è inutile". Che la partecipazione non serve. Che l'ascolto è un vizio. Che è meglio decidere ignorando il dissenso. Dichiarando preventivamente "illegittima" la semplice possibilità di farlo emergere.
Ma la democrazia ha una funzione terapeutica, prima che pratica e strumentale. Serve a curare la frustrazione nei rapporti sociali e politici. A evitare che degeneri.
Quando diventa inutile allora è lecito avere paura.

(fonte: http://www.repubblica.it/2007/02/rubriche/bussole/democrazia-inutile/democrazia-inutile.html)

Omissioni e segreti della stazione MUOS di Niscemi destinata alle guerre stellari USA

di Antonio Mazzeo - Megachip

Le istituzioni siciliane di fronte all'allarme ambientale rappresentato dall'installazione a Niscemi della stazione terrestre del sistema di telecomunicazione satellitare MUOS. I lavori per ospitare i nuovi radar sono però iniziati segretamente il 19 febbraio 2008, senza che l'allora governo di centrosinistra rendesse pubblica la concessione dell'isola per le Guerre Stellari delle forze armate degli Stati Uniti d'America. E la stazione MUOS sorgerà all'interno di un'importante riserva naturale…

Sembra preoccupare perfino la Regione Siciliana l'installazione a Niscemi della stazione di controllo terrestre del Mobile User Objective System MUOS, il sofisticato sistema di comunicazione satellitare ad altissima frequenza (UHF) delle forze armate USA che integrerà comandi, centri d'intelligence, radar, cacciabombardieri, missili da crociera, velivoli senza pilota, ecc.. L'8 ottobre, durante la seduta del Consiglio regionale, l'assessore al turismo e ambiente, Giuseppe Sorbello, ha sollecitato il Consiglio siciliano per la protezione del patrimonio naturale (CRPPN) a fornire “chiarimenti e un supplemento di istruttoria in relazione al progetto MUOS, per l'installazione di un sistema di comunicazione per utenti mobili da allocare nella riserva naturale di Niscemi”. “Data la possibilità di problematiche legate all'elettromagnetismo”, l'assessore Sorbello ha invitato il CRPPN ad “approfondire i pareri già rilasciati da altri enti prima del completamento dell'iter approvativi”. In particolare, il CRPPN dovrà richiedere al Comune di Niscemi (che ha già rilasciato il nulla osta alla valutazione di incidenza), di “esplicitare chiaramente se in sede di rilascio del nulla osta abbia tenuto nella dovuta considerazione la problematica riguardante le emissioni elettromagnetiche previste in progetto”. Nella stessa seduta, il Consiglio regionale ha pure inviato all'Arpa Sicilia (l'Agenzia Regionale Protezione Ambiente), gli elaborati e le relazioni di progetto, “per una istruttoria integrativa in particolare sulle emissioni elettromagnetiche previste e sulle eventuali refluenze che queste possono avere in contrasto con la biocenosi presente”.

Se con la richiesta di approfondimento dell'Assessorato all'ambiente, le associazioni che si battono contro i dilaganti processi di militarizzazione della Sicilia segnano un punto a favore, la seduta del Consiglio regionale ha reso pubblici alcuni elementi inquietanti. Il primo riguarda la decisione d'installare la potente stazione UHF all'interno della Riserva Naturale Orientata “Sughereta” di Niscemi. Istituita nel luglio 1997, essa rappresenta assieme al Bosco di Santo Pietro (Caltagirone), il residuo di quella che un tempo era la più grande sughereta della Sicilia centro-meridionale. La riserva si estende per quasi 3.000 ettari ed ospita una fauna diversificata che annovera gatti selvatici, volpi, ghiri, picchi rossi maggiori ed upupe. Non poco in una delle zone della Sicilia dove impera l'abusivismo edilizio e sorgono alcuni tra i più devastanti complessi petroliferi nazionali.

Le carte in possesso dell'assessorato regionale rivelano inoltre che l'amministrazione comunale di Niscemi era da tempo a conoscenza del progetto MUOS, al punto di averne valutato – non si sa come – la compatibilità ambientale. Ciononostante i cittadini di Niscemi e dei vicini comuni di Gela e Caltagirone non sono mai stati informati dell'esistenza del pericolassimo programma militare, un segreto inespugnabile anche per il Parlamento italiano, mai chiamato a valutarne scopi e impatti geostrategici.

Lavori al via ben otto mesi fa

Mentre però la Regione siciliana chiede ulteriori approfondimenti sulla “futura” stazione MUOS, le autorità militari statunitensi hanno iniziato da tempo a Niscemi i lavori per ospitare tre grandi antenne radar circolari con un diametro di 18,4 metri e due torri radio alte 149 metri, e realizzare una centrale di comando, depositi carburanti e strade di collegamento (valore complessivo superiore ai 43 milioni di dollari). Le prime opere di movimentazione terra e di predisposizione delle piattaforme per l'impianto MUOS hanno infatti preso il via lo scorso 19 febbraio, dopo una breve cerimonia a cui partecipò, tra gli altri, il direttore del Mobile User Obiective Program della Us Navy, Wayne Curls. Secondo quanto riportato in una nota “interna” dell'U.S. Naval Computer and Telecommunication Station Sicily” (NavComtelsta – Ncts, il comando che coordina le attività dell'esistente stazione di telecomunicazione navale di Niscemi), nel corso della sua visita, Wayne Curls ha descritto le enormi potenzialità del sistema MUOS. “Quando il sistema sarà pienamente implementato – ha dichiarato – i sistemi di Guerra avranno la completa capacità di comunicazione per rispondere a tutte le richieste di missione in qualsiasi parte del mondo”. Sempre secondo NavComtelsta, “inizialmente i lavori saranno eseguito dai contractors e la nuova infrastruttura comporterà un piccolo aumento nel sito del personale della Marina Usa. La realizzazione della stazione è prevista entro tre anni. I lanci dei satelliti saranno eseguiti entro il 2010, così il sistema sarà MUOS sarà online nel 2011”.

Lavori a pieno regime, dunque, e dal 19 febbraio 2008, data in cui presidente del consiglio era ancora Prodi e ministro della difesa Parisi. Il governo di centrosinistra aveva concluso la sua effimera legislatura senza rispondere alle interrogazioni di alcuni parlamentari di Rifondazione Comunista e Verdi che avevano chiesto conferma delle indiscrezioni stampa sul piano d'installazione in Sicilia del nuovo sistema satellitare. Più grave ancora l'omissione del comandante dei reparti dell'Aeronautica militare italiana di stanza a Sigonella, Antonio Di Fiore, che nel corso di un'ispezione parlamentare a Sigonella del deputato Cannavò (Prc), il 31 marzo 2008, aveva smentito con fermezza la realizzabilità del MUOS. “Anche volendo – aveva dichiarato Di Fiore – la stazione radar non si potrebbe realizzare a Sigonella perché la gestione non è compatibile col volume di traffico civile gestito dal radar militare esistente nel vicino aeroporto di Catania-Fontanarossa”. L'alto ufficiale ovviamente preferì sorvolare sul fatto che da più di un mese erano stati avviati i lavori MUOS nella vicina Niscemi, località prescelta in sostituzione di Sigonella proprio per ridurre l'interferenza delle onde elettromagnetiche sui sistemi di bordo degli aerei, ma soprattutto per “evitare” che le emissioni potessero avviare la detonazione degli ordigni presenti nella grande stazione aeronavale, come accertato nel 2006 da uno studio delle società statunitensi AGI - Analytical Graphics, Inc., e Maxim Systems.

Di contro nessuno se l'è sentita a valutare i possibili effetti delle onde elettromagnetiche sulle popolazioni che vivono nei pressi dell'installazione di Niscemi. Le ricerche in materia non mancano, anche se sono ancora troppo poche quelle relative all'emissione dei sistemi radar e di telecomunicazione militare. Sufficienti però a delineare scenari estremamente preoccupanti. Fra tutte, spiccano le risultante dell'inchiesta su “Gli effetti associati all'esposizione umana nella Waianae Coast ai campi di radiofrequenza” dell'installazione militare LF (bassa frequenza) di Wahiana, realizzata nel 1999 dagli oncologi statunitensi Maskarinec, Cooper e Swygert per conto del Dipartimento alla Salute dello stato delle Hawaii. La base militare di Wahiana è di proprietà della Marina Usa e può essere considerata come una “sorella” della stazione di Niscemi, anche perché destinata ad ospitare un secondo terminal terrestre del sistema MUOS. Ebbene, lo studio dei ricercatori si è incentrato sulla popolazione infantile della Waianae Coast, evidenziando ben 12 casi di leucemia nel periodo 1979-1990. Sette di questi casi (tutti accaduti negli anni 1982-84), sono stati definiti “inusuali in termini di sesso, età e tipo di leucemia”. I rischi di esposizione sono stati definiti altissimi per i bambini residenti in un raggio di 2,8 miglia intorno ai trasmettitori.

Una selva di antenne ad altissimo costo energetico

Attualmente a Niscemi sono installate una quarantina di antenne di trasmissione HF (alta frequenza) ed una LF. Quest'ultimo impianto trasmette su una frequenza di 39,9-45,5 kHz, contribuendo alle comunicazioni supersegrete delle forze di superficie, sottomarine, aeree e terrestri e dei centri C4I (Command, Control, Computer, Communications and Intelligence) di Stati Uniti ed alleati NATO. A partire dalla fine degli anni '90, le stazione di Niscemi, Aguada (Portorico), Keflavik (Islanda) e Awase (Giappone) sono state dotate del sistema di trasmissione LF “AN/FRT-95”, che ha consentito alle forze armate Usa di accrescere la copertura nelle regioni del Nord Atlantico e del Nord Pacifico. Il trasmettitore AN/FRT-95A opera tra i 24 ed i 160 kHz con una potenza compresa tra i 280 kW e i 500 kW, ma il sistema permette l'estendere in caso di necessità sino ai 2,000 kW.

A seguito della chiusura della stazione di Keflavik, nel dicembre 2006 sono state assegnate a NavComtelsta - Niscemi tutte le funzioni di collegamento in bassa frequenza con i sottomarini strategici operanti nella regione atlantica. L'impianto terrestre MUOS sarà in VHF-UHF (Very High Frequency ed Ultra High Frequency), con frequenze che raggiungeranno valori compresi tra i 244 e i 380 MHz. Le onde radio VHF-UHF attraversano la ionosfera senza venire riflesse e per questo vengono usate per le trasmissioni extraspaziali con i satelliti artificiali. Esse possono anche essere usate per trasmissioni terrestri oltre l'orizzonte utilizzando le irregolarità della troposfera (la parte bassa dell'atmosfera). Queste irregolarità riflettono le onde in tutte le direzioni, consentendo ai segnali UHF di disperdersi su vaste aree geografiche.

Se è ignoto l'impatto su salute dell'uomo e ambiente delle onde elettromagnetiche della stazione di Niscemi, amministratori e cittadini dovrebbero comunque allarmarsi per gli additivi ed altri prodotti nocivi contenuti nelle spropositate quantità di gasolio divorate dagli impianti di telecomunicazione della base. Stando ai dati forniti dal Pentagono, nel solo periodo compreso tra il 2003 e il 2005 il “Sito di Trasmissione” di Niscemi è stato rifornito di 2.100.000 litri di gasolio (tipologia DF2), pari ad un consumo di 700.000 litri l'anno. Di per sé il dato non dice molto se non lo si compara con il consumo di altre infrastrutture militari Usa in Italia, ben differenti per grandezza e funzioni dalla “minuscola” stazione di Niscemi. A Sigonella, ad esempio, nello stesso periodo sono stati consumati 10.400.000 litri di gasolio; 9.100.000 di litri il consumo a Camp Darby (Livorno); 18.000.000 ad Aviano (Pordenone). Che Niscemi sia una stazione del tutto “anomala” dal punto di vista energetico, traspare dalla verifica dei consumi di altre importanti installazioni di telecomunicazione che gli Stati Uniti possiedono in Italia. Il potente impianto di generazione elettrica per i sistemi radar di Napoli-Capodichino, ad esempio, ha richiesto appena 550.000 litri di gasolio DF2. La stazione Usa-Nato dell'isola di Tavolara, in Sardegna, anch'essa utilizzata per le comunicazioni LF con i sottomarini, ha divorato 300.000 litri, quantità sette volte inferiore a quella di Niscemi.
Ma chi controlla la dispersione dei prodotti di combustione nell'atmosfera, nel suolo e nell'acqua dell'onnivoro impianto siciliano?

venerdì 10 ottobre 2008

Usa, un reduce del Golfo: "In Iraq nel '91 Washington sganciò una bomba nucleare su Bassora"

Nel 1991 gli Usa avrebbero sganciato una bomba nucleare vicino alla città irachena di Bassora. Lo dice un veterano americano della prima guerra del Golfo, secondo cui l’ordigno, di 5 chilotoni, sarebbe stato sganciato in un’area deserta al di fuori della città, nella parte meridionale dell’Iraq, al confine con l’Iran. L’intervista integrale al veterano di guerra Jim Brown verrà trasmessa domani da RaiNews24. Il bombardamento risalirebbe all’ultimo giorno della guerra in Iraq, il 27 febbraio 1991.

Nella sua inchiesta, RaiNews24 ha scoperto che effettivamente un evento sismico della potenza simile a un’esplosione di un ordigno di 5 chilotoni si sarebbe verificato proprio il 27 febbraio del 1991.

giovedì 9 ottobre 2008

Guerra infinita dall'Italia

Da Vicenza un allarme e una opportunità

Rilanciare la mobilitazione contro le basi militari e la NATO è possibile


Comunicato della Rete dei Comunisti


E’ gravissimo l’impedimento da parte del Consiglio di Stato di tenere il referendum sulla nuova base USA a Vicenza. Ma è anche un atto paradigmatico per la mobilitazione tesa allo smantellamento delle basi militari USA/NATO e per la democrazia nel nostro paese.


1. Dal punto di vista “legale”, il Consiglio di Stato ha confermato una situazione politicamente e moralmente inaccettabile ma ineccepibile dal punto di vista della legislazione esistente in Italia.

In Italia, dal dopoguerra a oggi agisce un intero apparato legale, costituzionale e consuetudinario, che vieta che la popolazione possa esprimersi democraticamente in materia di Trattati internazionali e sulle loro conseguenze nel nostro territorio, ad esempio l’installazione di nuove basi militari straniere o la loro estensione.

Tutte le realtà sociali, i movimenti e le forze politiche impegnate contro la guerra, si trovano di fronte a due questioni decisive:

a) il vulnus democratico rappresentato dall’apparato legale e istituzionale che rende i trattati internazionali e militari “insindacabili” dal punto di vista giuridico e democratico

b) la questione “politica” della subalternità dell’Italia alla NATO e agli USA con tutto il peso di militarizzazione del territorio e di rischi di coinvolgimento nelle guerre che ciò comporta.


2. Sulla prima questione è doveroso segnalare l’importanza e la pertinenza della “Legge di Iniziativa Popolare sui Trattati, le basi e le servitù militari “che è stata consegnata in Parlamento a Luglio avendo raccolto le 60.000 firme necessarie. La legge in questione – approntata da alcune reti antimilitariste come Disarmiamoli, Semprecontrolaguerra, ed altre - chiede in sostanza che queste materie non siano più secretate e consentire così che Parlamento e comunità locali possano intervenire e dire la loro. Questa legge, mette i piedi nel piatto proprio sui meccanismi perversi che hanno consentito di impedire il referendum popolare a Vicenza. I movimenti no war e le realtà locali hanno uno strumento concreto in più per tenere aperta una battaglia di democrazia contro un governo autoritario e i suoi apparati legali.

3. La seconda questione attiene all’analisi della realtà internazionale e alle sue ricadute nel nostro paese. C’è ancora qualcuno che oggi vede la questione dell’uscita dalla NATO come un obiettivo politico obosoleto? Gli eventi di questa estate in Georgia ce ne hanno rivelato piuttosto tutta la sua attualità, gravità e le contraddizioni. La NATO appare spesso come un dogma inamovibile e a fortissimo consenso bipartizan nel nostro paese. A sinistra pochi o nessuno se la sentono di riaprire la questione dell’adesione (e della subalternità) dell’Italia alla NATO. Alcuni per snobismo, altri per una sorta di pavida rassegnazione. Eppure le sue contraddizioni interne e le crepe che si delineano al suo interno sono reali. Gli effetti della crisi finanziaria negli USA rivelano le divergenze strategiche crescenti con le altre potenze europee. Tali divergenze sono emerse chiaramente anche dentro la NATO nei vertici di Riga e di Bucarest e nella gestione della crisi nel Caucaso. Non è errato affermare che oggi la NATO è in crisi così come lo sono gli istituti della concertazione internazionale tra le potenze capitalistiche (FMI, WTO, BM) che hanno agito sotto l’egemonia USA dal dopoguerra a oggi.

4. Rilanciando la mobilitazione affinchè le basi USA e NATO se ne vadano dai nostri territori contribuiamo, oltre a proteggere il nostro ambiente e la nostra immediata sicurezza dai pericoli delle armi di distruzione di massa lì stoccate, ci battiamo anche contro una concezione di dominio militare, politico, sociale e culturale . Questo resta il grande valore della battaglia a Vicenza ma anche nel resto del territorio Sta a noi sconvolgere le retrovie della loro “guerra infinita”.


5. Nonostante una situazione di arretratezza ed egemonia reazionaria nel nostro paese, il cuore progressista del mondo continua a battere. In Ecuador la recente Costituzione approvata con un referendum popolare prevede il divieto di installare basi militari straniere e lo smantellamento della base USA di Manta.Il recente Forum Sociale Europeo di Malmoe ha deciso di convocare ad aprile 2009 – in occasione dei sessanta anni della nascita della NATO - una giornata internazionale di manifestazioni contro la NATO, le basi e i trattati militari. E’ una occasione e una scadenza eccellente per riaprire - e con forza - la questione anche nel nostro paese.


La Rete dei Comunisti

http://www.contropiano.org

mercoledì 1 ottobre 2008

LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE SU BASI, TRATTATI E SERVITU' MILITARI


LA CAMPAGNA PER LA LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE SUI TRATTATI INTERNAZIONALI, SULLE BASI E SERVITÙ MILITARI HA FATTO CENTRO: RAGGIUNTO IL NUMERO DI FIRME VALIDE!

Il Servizio Testi Normativi del Parlamento, a cui lo scorso 7 agosto abbiamo consegnato le firme, ci ha comunicato l’effettivo raggiungimento del numero di firme valide: la Legge d’Iniziativa Popolare sui trattati internazionali, sulle basi e servitù militari ha ora tutti i crismi ed il diritto di essere discussa in Parlamento.

Grande è la soddisfazione tra le realtà che hanno costituito il Comitato Promotore della Legge, tra le quali la Rete nazionale Disarmiamoli!

Soddisfazione amplificata dal successo di una campagna gestita in una delle fasi più difficili della storia della Repubblica, a cavallo di elezioni generali che hanno cambiato profondamente lo scenario parlamentare e politico del paese.

In questi mesi di disincanto, sbandamento ed apparente riflusso centinaia di militanti - espressione di varie aree politico/culturali interne al movimento nowar italiano - sono andati controcorrente, proponendo in tutto il paese iniziative, dibattiti, conferenze e banchetti su uno dei temi principali della lotta contro la guerra: il NO alla presenza di oltre 140 basi militari U.S.A. e N.A.T.O. sui nostri territori.

L’importanza strategica per i “signori della guerra” statunitensi ed europei di queste basi insediate in Italia è quotidianamente sotto gli occhi di tutti, come dimostrato dall’ultima guerra in Georgia: mentre Berlusconi nella vicenda caucasica si atteggia a ruolo di “mediatore”( a probabile protezione di personalissimi affari di famiglia ), le truppe georgiane sono rifornite d’armi e tecnologia militare da navi a stelle e strisce caricate nella base U.S.A. di camp Darby.

Così gli accordi per il cosiddetto “scudo antimissilistico”, siglati tra lo Stato italiano (per “merito” dell’ex esecutivo di centro sinistra) e quello statunitense inseriscono il nostro paese nella prima linea di un conflitto potenzialmente ben più grave di tutti quelli scoppiati recentemente.

Il Movimento contro la guerra nel nostro paese, in una fase molto difficile, ha mantenuto saldamente la rotta del “No alla guerra senza se e senza ma”, dimostrando nello stesso tempo un’alta capacità di progettazione, attraverso proposte in grado di liberare l’Italia dall’infernale meccanismo bellico nel quale è attanagliata.

La Legge d’iniziativa popolare su trattati internazionali, basi e servitù militari da sola non potrà, ovviamente, bloccare il terribile processo di militarizzazione dei territori e dei cieli in atto, ma si è trasformata oggi in una articolata proposta, a disposizione di tutti.


La Petizione Popolare contro lo scudo antimissilistico, proposta dalla Rete nazionale Disarmiamoli! nei giorni immediatamente successivi alla firma da parte del Sottosegretario Forcieri (governo Prodi) di un accordo capestro, che lega l’Italia all’avventurismo statunitense, tornerà ad essere un valido strumento di lotta nella nuova fase di conflitto in Europa centro orientale.


Leggi, Petizioni, campagne di massa. Strumenti utili a mantenere viva la mobilitazione contro un mezzo oramai centrale nell’attuale conflitto tra Stati per il predominio dei mercati: LA GUERRA.


La vittoria di oggi, attraverso la quale il Movimento contro la guerra ha uno strumento di battaglia politica in più, rende tutti un pò più forti per affrontare le mobilitazioni dei prossimi mesi.


Rete nazionale Disarmiamoli!

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