sabato 11 ottobre 2008

«Stiamo perdendo l'Afghanistan»


Nel documento riservato un monito per il futuro presidente
Il rapporto degli 007 americani
«Stiamo perdendo l'Afghanistan»
L'allarme dell'intelligence Usa. Anche in Iraq «la guerra può riesplodere»
WASHINGTON — È un doppio messaggio. Rivolto all'attuale inquilino della Casa Bianca e al futuro presidente. L'Iraq «può esplodere di nuovo», l'Afghanistan è «in caduta libera». L'analisi, severa, è contenuta nella bozza della National Intelligence Estimate (Nie), documento riservato redatto da 16 agenzie di spionaggio Usa e che probabilmente — come ha anticipato ieri il New York Times — sarà presentato dopo le presidenziali di novembre. Il giudizio sulla situazione afghana è allarmante. L'influenza talebana è in crescita, gli attacchi aumentano, il governo centrale è debole e la corruzione «rampante» contribuisce a ridurne l'autorità.
Gli 007 riconoscono i progressi raggiunti ma avvertono che sono compromessi dalla sfida dei trafficanti di eroina, spesso collusi con funzionari governativi. Un'accusa che pochi giorni fa ha coinvolto uno dei fratelli del presidente Karzai. Un ex alto dirigente della Cia, Henry Crumpton, sostiene che i guai derivano da una «mancanza di leadership» che va imputata agli Usa e agli alleati Nato, mai risoluti nello stabilizzare l'Afghanistan. Gli 007 sono preoccupati anche per l'Iraq, nonostante Al Qaeda sia stata colpita con durezza. I successi potrebbero essere vanificati da un riesplodere della violenza etnica (sciiti contro sunniti), dalle tensioni arabi-curdi e da ciò che accadrà alle milizie conosciute come i «figli dell'Iraq». Sunniti, una volta membri della ribellione e spesso al fianco dei militanti jihadisti, hanno cambiato barricata. Contrari alle stragi dei qaedisti perché uccidevano soprattutto musulmani, lusingati e «comprati» dagli americani, hanno rivolto i mitra contro i terroristi. Sono stati loro, piuttosto che l'aumento di truppe, a schiacciare i seguaci di Osama.
Ora però devono passare sotto l'autorità del governo (dove gli sciiti hanno il peso maggiore) e non è detto che Bagdad confermi il loro status. Molti analisti temono che i «figli dell'Iraq» possano cambiare di nuovo alleanza confermando gli avvertimenti del generale David Petreaus («situazione fragile e reversibile»). Il Nie sarà letto con attenzione da John McCain e Barak Obama. Un rapporto a doppia lettura per i candidati. Sul-l'Iraq raffredda il bollettino di vittoria sbandierato da McCain, ma conforta la sua posizione contraria a un rapido ritiro sostenuto invece da Obama. Sull'Afghanistan conferma — come sostiene il democratico — che è necessario intervenire con priorità per non perderlo. Una missione forse impossibile con le soli armi. Per questo il Pentagono — parole del segretario della Difesa Gates — non è contrario all'apertura di un negoziato con i talebani (con Al Qaeda no) a patto che accettino la sovranità del governo afghano.
Guido Olimpio
10 ottobre 2008
http://www.corriere.it/esteri/08_ottobre_10/afghanista_usa_rapporto_007_cb97e4c4-9696-11dd-9911-00144f02aabc.shtml

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